Cronaca

Ritrovato il primo reperto di leone del Po: da novembre in mostra al Museo di San Daniele

Un ritrovamento davvero eccezionale, quello fatto alcune settimane fa lungo il fiume Po, in zona Spinadesco, sugli spiaggioni sempre più ampi che emergono dalla secca incombente: si tratta di un fossile appartenente al Leone del Pom, poi consegnato al Museo Paleoantropologico del Po, sito a San Daniele. “Si tratta di un reperto straordinario dal punto di vista della conservazione in quanto è assolutamente perfetto, conserva tutti i denti ed è il primo fossile di leone trovato nel Po e nella Pianura Padana” commenta il sindaco e ricercatore Davide Persico. “La cosa più entusiasmante è il fatto che quando il fossile di un vetrebrato porta i denti come in questo caso riusciamo a ricavare l’80% delle informazioni sulla sua storia. Capiremo quindi dove è vissuto, l’età biologica, il sesso, cosa mangiava e l’età cronostratigrafica, di cui attualmente non abbiamo un’idea precisa, anche se l’ipotesi più accreditata è che risalga al Oletocene Superiore, quindi oltre 130mila anni. Inoltre dai denti potremo ricavare il Dna, che ci darà altre preziose informazioni”.

Dunque, se in un recente passato, grazie all’incessante attività di ricerca del Museo Paleoantropologico del Po, sono stati ritrovati fossili capaci di rievocare mandrie di bisonti, mammut, cervi megaceri, alci e altri erbivori predati da iene e leopardi, oggi si può affermare con certezza che tra queste magnifiche specie vi era anche il leone.

Un confronto tra il direttore del Museo Paleoantropologico del Po Simone Ravara e Davide Persico, ha permesso di appurare che si tratta di una emimandibola sinistra del grande felino. Il fossile, della lunghezza di circa 22 cm, risulta integro in ogni sua parte presentando sporadici segni di fluitazione solo in corrispondenza del processo angolare. “La colorazione beige chiara dell’osso, con i denti dall’arancione al verde scuro e nero, conferisce al reperto il tipico aspetto dei fossili delle alluvioni quaternarie del fiume Po” spiega ancora Persico. “L’importanza di questo fossile è a dir poco straordinaria perché con esso si aggiunge l’ultimo tassello di un mosaico, quello dei carnivori fossili del Po, rappresentato dal Top predator per eccellenza: il leone (Panthera leo).

Naturalmente il Museo si sta già muovendo per una progettazione. “Gli scenari futuri aperti col rinvenimento di questo nuovo reperto riguardano la ricerca scientifica e l’esposizione museale” spiega Persico. “Subito segnalato alla competente Soprintendenza, il reperto è già oggetto di un progetto di allestimento per il cui finanziamento il Museo di San Daniele Po ha partecipato ad un Bando di Regione Lombardia. L’ipotesi è di esporlo a novembre, nella sezione dei Carnivoli fossili del Po, visto che ci è già arrivato il nulla osta, e aspettiamo di sapere se riuscirmo ad avere un finanziamento” spiega Persico.

Dal punto di vista della ricerca, il prossimo passaggio sarà l’analisi morfologica, che potrebbe essere accompagnata da una analisi genetica con lo scopo di distinguere l’appartenenza del fossile ad una delle due possibili sottospecie di leone presenti anticamente in Europa: Panthera leo spelaea (leone delle caverne) o Panthera leo persica (leone asiatico). In entrambi i casi, il Leone del Po, è stato un esemplare appartenente ad una specie originaria dell’Asia e migrata fino a colonizzare l’india, il vicino oriente, la Russia e l’Europa durante il Pleistocene superiore (1.3-0.01 Ma).

Non sarebbe la prima volta che viene effettuato uno studio simile su un fossile del Po. Alcuni anni fa è stato estratto e studiato il paleo DNA di Pàus, il frontale neandertaliano scoperto nel Po nel 2009. Questo importante reperto è stato recentemente esposto al Palaexpo di Roma nell’ambito della mostra internazionale “DNA – da Mendel alla genomica” che ha riscosso un notevole successo di pubblico. Alla fine di giugno Pàus è ritornato nella sua sede sandanielese, di nuovo ammirabile dai visitatori cremonesi e non.

“Sottoporremo alla Soprintendenza un progetto che mi vedrà coinvolto in prima persona, come ricercatore, insieme al direttore museo Simone Ravara e a uno staff di ricercatori dell’Università di Bologna coordinati da Elisabetta Cilli, che si occupano di paleodna” conclude Persico. “Faremo lavoro congiunto che ci permetterà di ricostruire la storia completa di questo animale. Credo che questo ritrovamento richiamerà parecchi studiosi e usciranno lavori su riviste scientifiche internazionali come era successo per il leopardo. Ma a riceverne un impulso importante sarà anche il Museo”.

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