Violenza domestica non riconosciuta, Aida: 'Giustizia sorda a grido dignitoso di una donna'
Il Centro antiviolenza Aida “non può considerare una buona notizia il fatto che la giustizia sia stata sorda al grido dignitoso di una donna vittima di violenza domestica; non è giustizia ritenere che una donna possa subire per anni in doloroso silenzio e completa solitudine angherie e sopraffazioni fisiche e psicologiche da parte del compagno/marito”. Una reazione composta ma decisa, quello dell’associazione che da anni fa consulenza ed assiste le donne maltrattate che assumono con coraggio, sfidando anche se stesse, la decisione di porre fine ad episodi di angherie, sessuali e fisiche. Il riferimento è alla sentenza di non luogo a procedere di due giorni fa del giudice di Cremona Colombo, nei confronti di un 43enne romeno accusato dalla moglie di maltrattamenti e violenze sessuali ripetute durante il periodo del matrimonio (leggi qui).
“Quella che vivono le donne oggetto di violenza di genere – continua il direttivo di Aida – è una storia ordinaria e complessa: nessun riscontro medico, vita apparentemente normale per i vicini di casa, percosse e umiliazioni subite in silenzio all’interno delle mura domestiche, cercando di tenersi tutto dentro e senza coinvolgere volutamente i figli, in un’alternanza di momenti di apparente serenità, costante vigilanza rispetto agli atteggiamenti e alle condotte del partner che possono repentinamente trasformarsi in gesti violenti o in semplici sguardi o voci che hanno in sé una intrinseca intimidazione, da sola sufficiente a far capire alla donna quale sia il comportamento da tenere o da non ostacolare.
“E’ importante saperlo. E non dimenticarlo. Solo riconoscendo dignità e rispetto alle donne, alle loro vite, alle loro storie, considerandole soggetto di diritti e soggetti capaci di poter raccontare il loro dolore tanto che noi possiamo comprenderlo, potremo iniziare a sconfiggere la violenza domestica.
“E’ anche importante sapere che non accogliere la richiesta di giustizia delle donne significa anche vanificare il lavoro di operatori sociali, organi giudiziari (inquirenti e giudicanti), forze dell’ordine, centri antiviolenza, che hanno saputo leggere i segnali inequivoci della violenza e ritenuto necessario intervenire. Una sentenza di non luogo a procedere, che impedisce che vengano accertati i fatti contestati – ben diversa da un’assoluzione – non fermerà il lavoro di tutte le persone che quotidianamente sono impegnate sul tema. Ci addolora e ci rattrista che ci sia ancora tanto da cambiare. Grazie a tutte le donne e a tutti gli uomini che quotidianamente si impegnano perché la violenza contro le donne venga sconfitta”.
La presa di posizione pubblica da parte di Aida, fatto insolito nei confronti di un caso arrivato fino all’aula giudiziaria e che pertanto segnala la gravità della situazione, è sottoscritta dal tutto il direttivo, pesieduto da Monica Pedroni e composto da Simona Frassi, Anna Boccù, Maria Luisa Caroli, Mara Franzini, Elena Guerreschi, Giuseppina Zucchi, oltre che da tutte le volontarie del Centro Antiviolenza.