Laura Carlino e la nuova vita a Tenerife: 'Nessun rimpianto, ci vuole più coraggio a restare'
Continua la rubrica sui cremonesi all'estero. La parola a Laura Carlino, insegnante, esperta d'arte, in passato militante politica (consigliere comunale per Forza Italia) e candidata sindaco nel 2014 con la lista "Città Nova".
Laura Carlino, una cremonese a Tenerife. Quando e perchè hai lasciato l’Italia e Cremona?
Sono quasi due anni che con la mia famiglia mi sono trasferita a Tenerife, l’isola più grande dell’Arcipelago Canario, e mai, nemmeno per un momento, ho desiderato tornare indietro. E non solo per le più ovvie ragioni da dépliant turistico: clima migliore, natura, sole-mare, vita più rilassata… I motivi che ci hanno spinto a lasciare l’Italia sono sempre attuali: mio marito ed io avevamo bisogno di un cambiamento professionale, desideravamo un’attività nostra dopo una vita in azienda lui, nella scuola io; ma non è stato possibile. Oltre alle ben note difficoltà che chiunque in Italia incontra nel momento in cui desidera mettersi in proprio, abbiamo dovuto riconoscere che dopo i 50 nel Belpaese sei un rottame: vai benissimo per pagare tasse e contributi, ma non per meritare la considerazione di chi (banche in primis, ma non solo) dovrebbe “assumersi il rischio” di darti una mano. Ma ormai l’Italia è così: un luogo in cui vivere è ogni giorno più difficile e che non ha (perché “non dà”) un futuro. Per questo penso che ci voglia più coraggio a restare che ad andarsene.
Pare di capire che tu non abbia nessun rimpianto.
No, in effetti. Quello che volevamo l’abbiamo trovato qui. Dopo quattro mesi aprivamo una galleria d’arte a Los Gigantes, nell’estremità Sud Ovest dell’isola. Una vera scommessa perché l’arte e la cultura, qui nel Sud, sono settori ben poco attrattivi. Aprire un’attività qui è nel complesso più semplice che in Italia; occorre solo fare i conti con la proverbiale “calma” del Canari, che però sono talmente gentili e disponibili che si fanno sempre perdonare ritardi, lungaggini e perdite di tempo!
In che cosa consiste l’attività?
Organizziamo mostre, eventi artistici, corsi di italiano, talleres (laboratori) di pittura, artigianato tipico, manualità per bambini anche in collaborazione con il settore cultura dei Comuni della zona. Collaboriamo con articoli e traduzioni con il periodico italiano locale ViviTenerife.
In poco più di un anno di attività abbiamo avuto modo di conoscere moltissimi artisti locali e stranieri; il livello spesso non è altissimo, ma ho tuttavia avuto la fortuna di incontrarne alcuni veramente notevoli, Canari ma anche Italiani residenti qui, con i quali non perdiamo occasione di collaborare.
Dunque di arte e cultura si può veramente vivere?
Non solo. Alle prime attività ne stiamo aggiungendo un’altra. Da un paio di mesi mio marito ha rilevato un’azienda attiva da alcuni anni: si occupa di affitto di mobility scooter, scooter elettrici a uno o due posti destinati a persone con ridotta mobilità. In Italia sono mezzi quasi sconosciuti, ma in Inghilterra e nel Nord Europa in generale sono usatissimi non solo da invalidi, ma più in generale da persone anziane o con problemi generici, temporanei o permanenti, di mobilità. Nel Sud di Tenerife, caratterizzato da passeggiate lungo il mare di molti chilometri, sono molto richiesti perché consentono anche a queste persone di godere delle opportunità che la zona offre quanto a passeggiate, shopping, ristoranti ecc
La Canarie sono davvero un paradiso, oppure è l’entusiasmo della nuova arrivata che le fa sembrare così?
Mi rendo conto che da quanto descrivo, si potrebbe pensare che qui tutto è facile, un po’ come si legge in numerosissimi articoli di riviste e quotidiani che ancora illustrano le Canarie come un paradiso in cui con 1000 euro vivi “da re”, la vita costa pochissimo, il lavoro si trova senza problemi grazie al turismo e via farneticando. Non è affatto vero! Anche qui la crisi ha picchiato duro negli anni scorsi e, se è vero che l’Arcipelago si sta riprendendo bene (anche grazie alla sparizione di numerose destinazioni turistiche concorrenti del Nord Africa), è altrettanto vero che la disoccupazione e il precariato sono ai primi posti nella già poco rosea classifica nazionale spagnola. Inoltre l’arrivo di decine di migliaia di nuovi residenti da tutta Europa e dall’Asia ha fatto sì che il mercato immobiliare e il costo della vita si siano alzati di molto: nelle zone del Sud a maggiore richiesta sia turistica che residenziale possono chiederti 700 e passa euro al mese per un bilocale! E se è vero che la spesa costa mediamente un terzo in meno che in Italia e la benzina la puoi trovare a 0,900 un po’ ovunque, è altrettanto vero che gli stipendi qui sono bassi in proporzione.
L’offerta di manodopera è altissima, e benché nel settore alberghiero e della ristorazione il lavoro ci sia, chi cerca personale si può permettere la selezione e viene richiesta imprescindibilmente la conoscenza di spagnolo e inglese e magari anche qualche altra lingua, oltre ad almeno un paio d’anni di esperienza per qualsiasi profilo lavorativo, anche il più umile. Gli italiani che arrivano qui con la testa piena di favole raccontate dai giornali e spesso anche dai siti e blog “specializzati” questo non lo sanno: scendono dall’aereo con pochi soldi in tasca, convinti di essere sbarcati nell’Eden, e in breve si scontrano con una realtà ben più cruda. So che molti si rivolgono al Consolato di Santa Cruz per chiedere un aiuto per il biglietto aereo di ritorno perché hanno speso tutto il poco che avevano nella vana ricerca di un lavoro, e sempre più numerosi sono gli italiani che affollano la mensa sociale del Fraile, nel Comune di Arona! Troppi sono ancora convinti che “basta aprire una pizzeria/un bar” o “con una gelateria italiana si fanno i soldi” e via con i luoghi comuni. Era vero dieci anni fa: oggi non è più così.
Molti, poi, sono gli italiani che – per ingenuità o “furbizia” – cadono preda di connazionali più furbi di loro, che dopo averli spennati a dovere li lasciano con solo gli occhi per piangere. Perché sì, qui ci sono anche questi, e sono purtroppo molti: gli italiani della peggior specie, truffatori o per lo meno “furbetti” che, pur essendo la minoranza della comunità italiana nell’isola, fanno molto parlare (male!) di sé, tanto che in certe zone siamo ormai assai mal visti, purtroppo! Molti si rifiutano di affittare un appartamento agli italiani a causa delle pessime esperienze passate. Per fortuna moltissimi sono coloro che trovano o si creano un lavoro onesto e che nel tempo libero trovano anche il modo di aiutare il prossimo, magari mediante associazioni benefiche come l’ABIC (Associazione Benefica Italo Canaria), nata da poco ma con un curriculum di iniziative già assai lungo al servizio degli altri.
Cosa consiglieresti a un italiano che sta pensando di fare un passo simile?
A mio parere ci sono mille buone ragioni. Il clima favorevole e l’assenza di umidità, l’affascinante cosmopolitismo, una natura che si trasforma ogni pochi chilometri, la serena tranquillità degli oriundi. La loro filosofia di vita è per certi aspetti contraddittoria: molto aggiornata sotto certi punti di vista, come l’informatizzazione e la comunicazione fra Enti (ad esempio la Sanità), in netto ritardo sotto altri: nella stessa Sanità le liste d’attesa sono pazzesche, altro che Italia. Ci sono settori della vita pubblica che non decollano, altri che stentano, altri decisamente invidiabili. La gente poi conserva abitudini di vita che a volte mi ricordano l’Italia di parecchie decine di anni fa, ma al tempo stesso segue il ritmo rapidissimo dell’evoluzione sociale del nostro tempo.
Il trasloco ti ha cambiato?
Quando si compie una scelta drastica come quella di trasferirsi in un Paese diverso dal proprio credo sia importante aprirsi a cambiare anche il proprio modo di pensare, soprattutto la gerarchia dei valori. Per me questo ha significato riuscire a ridimensionare moltissimo il vero valore delle cose e a prendere le distanze da uno stile di vita che in Italia sembra imprescindibile, ma che in realtà non lo è: la casa grande e bella, la macchina di un certo tipo, il modo di vestire, certi obblighi sociali… Sono cose che in realtà hanno un’importanza assai minore di quella che normalmente vi attribuiamo, ma è difficile staccarsene quando la vita continua sempre uguale. “Cambiare vita” significa proprio questo: credo che solo se il cambiamento avviene in profondità dentro di noi sia possibile trasferirsi senza difficoltà né ripensamenti. Portare con sé in un luogo diverso le vecchie modalità di affrontare la vita non ha senso e rischia di concludersi in un fallimento. Moltissimi amici affermano di invidiare la nostra scelta, ma che non avrebbero mai il coraggio di fare lo stesso; ecco, credo che il motivo sia questo: non tanto cambiare luogo, ma cambiare se stessi e il proprio tran tran fa paura.
Che impressione ti fa Cremona da così lontano?
Sono tornata due volte in quasi due anni e l’ho trovata sempre più spenta. A onor del vero, devo dire che sono sempre venuta in gennaio e l’inverno padano non è certo la stagione migliore! Leggo che in realtà le iniziative si moltiplicano, questa amministrazione, pur con i suoi difetti, mi sembra decisamente la più dinamica degli ultimi lustri. Quello che ora mi colpisce negativamente è l’atteggiamento dei cremonesi: l’impressione, nel complesso, è che siano sempre più chiusi e ripiegati su se stessi. Sui social leggo solo critiche e lamentele, non sempre motivate e spesso contraddittorie. E’ vero che il cremonese è un po’ così, ama lamentarsi, ma al momento opportuno evita in ogni modo il cambiamento. Chissà, forse per essere sicuro di poter continuare a lamentarsi anche dopo… Da lontano questa impressione è ancora più forte perché la distanza consente di osservare le cose con maggior distacco e lucidità, benché più di una persona mi abbia fatto notare che, essendomene andata, avrei perso il diritto di commentare le questioni cittadine. Secondo loro non dovrei esprimere opinioni su ciò che avviene a Cremona perché non ci vivo più (qualcuno addirittura ritiene che non dovrei neppure esercitare il diritto di voto perché l’Italia non è più affar mio!). Che dire?
A Cremona accade in sostanza quello che si può vedere nel resto del Paese: ci si affanna a fare, a tentare, ma quello che manca è la capacità di incidere veramente. Senza parlare dell’improvvisazione e della faciloneria con cui spesso si procede, frutto di una classe politica (nazionale come locale) improvvisata, priva di qualsiasi cultura ed esperienza politiche. E poi le continue liti tra gruppi, associazioni, categorie, lobby che sanno guardare solo al proprio orticello: tutt’altro che una novità per Cremona, ma da qui tutto prende un aspetto ancora più triste e meschino. Ma forse sono io che certe cose non le sopporto più…
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