Cronaca

Atti sessuali su un anziano affetto da demenza. Medico condannato a cinque anni

Atti sessuali su un paziente di 74 anni affetto da un deficit cognitivo grave. Un medico è finito sotto accusa per violenza sessuale e oggi il collegio presieduto dal giudice Francesco Beraglia con a latere le colleghe Giulia Masci ed Elisa Mombelli lo ha condannato a cinque anni di reclusione senza le attenuanti generiche. Per il medico, difeso dagli avvocati Giovanni Benedini e Claudio Tampelli, il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto una pena minore: tre anni e tre mesi con le attenuanti generiche. La parte civile, rappresentata dall’avvocato Cesare Gualazzini, ha ottenuto un risarcimento di 7.500 euro. A chiedere i danni, il padre della vittima, 102 anni, ricoverato in una casa di riposo, costituitosi parte civile attraverso l’altro figlio come amministratore di sostegno.

I fatti risalgono al 27 gennaio 2015 in un casa di riposo della provincia di Cremona. Quella notte il medico era stato visto da un’assistente mentre abusava sessualmente del paziente, palpeggiandolo nelle parti intime. “Una scena inequivocabile”, diranno a processo accusa e parte civile. Quella stessa sera, finito il turno, la donna si era confidata con una collega, ma tutto era finito lì. Qualche giorno dopo l’assistente aveva incrociato un collega, un fisioterapista, che, preoccupato, le aveva confidato di aver notato un peggioramento delle condizioni del 74enne, che dopo tre mesi era deceduto. Un ‘crollo comportamentale’, l’aveva definito il fisioterapista. A quel punto l’assistente gli aveva raccontato quanto aveva visto la sera del 27 gennaio, e il fisioterapista aveva allertato la dirigente sanitaria. Da lì la chiamata al direttore generale e ai carabinieri, che in quella stanza avevano anche piazzato una telecamera. L’occhio elettronico, però, non era servito: quell’episodio, infatti, non si era più ripetuto, ma il medico era stato allontanato.

Da parte sua, l’imputato ha sempre respinto ogni accusa. La sua parola contro quella dell’assistente. “Ma non c’era neppure alcun elemento”, ha sottolineato l’avvocato Gualazzini, “che potesse far pensare ad una qualche ritorsione della donna nei confronti del medico”.

Sara Pizzorni

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