Cronaca

'Negli uffici picchi di 35 gradi' La protesta dei giudici di pace 'Siamo senza aria condizionata'

Maurizio Fornasari

“Senza aria condizionata lavoriamo in condizioni disumane”. Era il grido di allarme lanciato nell’agosto dell’anno scorso dall’ufficio del giudice di pace di Cremona, dal novembre del 2015 spostato al secondo piano del palazzo di corso Vittorio Emanuele al civico 21, ex sede del Genio civile. Dall’anno scorso ad oggi le cose non sono cambiate. Il caldo, quest’anno cominciato presto, e le temperature elevatissime dei giorni scorsi non hanno fatto altro che peggiorare una situazione che non è ancora stata risolta. Inascoltati, per il momento, tutti gli appelli, le proteste e le richieste di installare l’aria condizionata da parte di chi, in quegli uffici, è costretto a lavorare quotidianamente.

A parlare sono ancora una volta Maurizio Fornasari, sindaco di Annicco, da 6 anni funzionario dell’ufficio del giudice di pace, e l’assistente giudiziaria Maria Madoglio. “Lavoriamo con picchi di 35 gradi con il 75/80% di umidità. Da un anno all’altro non è cambiato nulla”. A soffrire il caldo, oltre ai giudici di pace, ai dipendenti e ai funzionari dell’ufficio, e all’utenza, anche i dipendenti dell’Unep, gli ufficiali giudiziari del tribunale, anche loro spostati al secondo piano di corso Vittorio Emanuele. “Qui non si respira per il forte caldo e per l’afa, non è possibile lavorare in queste condizioni”. E intanto ci si arrangia con ventilatori ‘di fortuna’ portati da casa. “Senza contare”, hanno ricordato Fornasari e Madoglio, “che nell’aula dove si celebrano i processi penali situata a sud batte il sole tutto il giorno. Notiamo una certa disparità di trattamento rispetto a chi lavora in tribunale, questo sì, climatizzato. Verso gli organi base della giustizia c’è una minore attenzione, anche se il bacino di utenza dell’ufficio del giudice di pace è grande e i carichi di lavoro importanti”.

Il 22 giugno scorso dall’ufficio del giudice di pace è partita una lettera indirizzata alla presidente del tribunale Ines Marini, alla dirigente Laura Poli e alla segreteria della presidenza della corte d’appello di Brescia. Nella lettera si parla di “condizioni di inadeguatezza dei locali” e si chiede di intervenire. “A parte l’installazione di quattro pale (due nell’atrio e due nell’aula penale), i dipendenti dei giudici di pace sono costretti a lavorare in condizioni climatiche inadeguate che vanno ad incidere sia sul rendimento che sulla salute dei dipendenti stessi. A volte abbiamo anche tre giudici che tengono udienza, con la conseguenza che nel corridoio, in parte in piedi, in parte sedute, vi sono anche 30 persone. Tale situazione si ripercuote sia sugli avvocati che sui semplici cittadini in attesa di poter svolgere la propria udienza”. Nella lettera, “onde evitare di dover affrontare qualche spiacevole inconveniente a causa di malori che potrebbero verificarsi”, si chiede “di trovare una soluzione a queste spiacevoli situazioni che noi non abbiamo voluto ma che dobbiamo subire”.

A chiedere al datore di lavoro di “non sottovalutare la questione relativa al comfort” è anche l’ingegner Damiano Zanetti, il tecnico che a fine 2016, durante un sopralluogo nei locali, aveva rilevato “una situazione di caldo e umidità eccessivi, a volte anche aggravata da un affollamento dei locali da parte di personale esterno”. “Tale situazione crea disagio lavorativo”, si legge nella relazione dell’ingegnere, “e può portare anche a malori”.

Di “tempi lunghi” ha parlato Laura Poli, dirigente del tribunale, che ha spiegato che “la spesa per la manutenzione è stata sottoposta al vaglio e al nullaosta della conferenza permanente, dopodichè gli atti sono stati trasmessi agli organi competenti, e cioè al Ministero. “L’impegno di spesa”, ha spiegato la dirigente, “è stato quindi inserito nel piano triennale del fabbisogno, ma ovviamente c’è da considerare che i tempi del Ministero non sono brevi”.

Sara Pizzorni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...