Il 18 settembre il processo beatificazione di don Primo L'annuncio del vescovo
Il 18 settembre inizierà il processo diocesano per la beatificazione di don Primo Mazzolari. La data è stata annunciata dal vescovo Antonio Napolioni durante la visita del papa a Bozzolo sui luoghi che fecero da cornice all'opera pastorale del prete nato al Boschetto. GUARDA IL VIDEO SU DON MAZZOLARI
Il 18 settembre inizierà il processo diocesano per la beatificazione di don Primo Mazzolari. La data è stata annunciata dal vescovo Antonio Napolioni durante la visita del papa a Bozzolo sui luoghi che fecero da cornice all’opera pastorale del prete nato al Boschetto, circondato da una folla di fedeli anche se in numero obbligatoriamente limitato trattandosi di una visita privata. Nel suo intervento, mons. Napolioni ha spiegato di aver ricevuto gli esiti delle due commissioni incaricate degli studi, dando parere favorevole. Dunque, un’altra data importante per la diocesi cremonese, dopo quella di oggi, 20 giugno, a 25 anni esatti dalla visita di un altro pontefice particolarmente amato, Giovanni Paolo II, a Cremona. “E’ un nuovo inizio per noi – ha detto il Vescovo – non tanto per la sua risonanza pubblica, ma perché ci coinvolge direttamente nell’intimità impegnativa di quel dialogo ecclesiale, in cui ora la voce del Pastore scalderà i cuori di preti e credenti, di vicini e lontani. Come don Primo, anche noi vogliamo bene al Papa! E lo seguiremo. Quando poi, Lei lascerà Bozzolo e la Bassa Padana, ci consola sapere che potremo tornare qui, ad ascoltare ancora l’eloquente silenzio che, dalla tomba di un grande prete, ci spinge verso Gesù e il suo Vangelo”. “Indifferenza stizzita”, queste le parole usate da mons. Napolioni per descrivere l’ambiente che circondava l’operato di Primo, prima negli anni bui dello squadrismo fascista, poi in un dopoguerra in cui si gettavano le basi per una società nuova nella quale però don Primo vedeva sul nascere i vizi che poi sarebbero diventati strutturali. “Critica ideologica e gelosia clericale – ha aggiunto – in chi sembra vicino e invece ascolto, ammirazione e fiducia da chi non ci si aspetta”. Una profezia “affascinante e scomoda”, quella di don Primo, “disarmante e limpida”.
IL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO – “Credo che la personalità sacerdotale di don Primo sia non una singolare eccezione, ma uno splendido frutto delle vostre comunità, sebbene non sia stato sempre compreso e apprezzato. La sua formazione è figlia della ricca tradizione cristiana di questa terra padana, lombarda, cremonese. Negli anni della giovinezza fu colpito dalla figura del grande vescovo Geremia Bonomelli, protagonista del cattolicesimo sociale, pioniere della pastorale degli emigranti. Non spetta a me raccontarvi o analizzare l’opera di don Primo. Ringrazio chi negli anni si è dedicato a questo. Preferisco meditare con voi, soprattutto con i miei fratelli sacerdoti, l’attualità del suo messaggio, che pongo simbolicamente sullo sfondo di tre scenari che ogni giorno riempivano i suoi occhi e il suo cuore: il fiume, la cascina e la pianura. Predicando ai seminaristi di Cremona, ricordava: «L’essere un “ripetitore” è la nostra forza. […] Però, tra un ripetitore morto, un altoparlante, e un ripetitore vivo c’è una bella differenza! Il sacerdote è un ripetitore, però questo suo ripetere non deve essere senz’anima, passivo, senza cordialità. Accanto alla verità che ripeto, ci deve essere, ci devo mettere qualcosa di mio, per far vedere che credo a ciò che dico; deve essere fatto in modo che il fratello senta un invito a ricevere la verità». La sua profezia si realizzava nell’amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio. Don Mazzolari non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata” (…)
“Ci sono tre strade – ha aggiunto il Papa – che non conducono nella direzione evangelica: La strada del “lasciar fare”: è quella di chi sta alla finestra a guardare senza sporcarsi le mani. Ci si accontenta di criticare, di «descrivere con compiacimento amaro e altezzoso gli errori» del mondo intorno. Questo atteggiamento mette la coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori, con spirito di giudizio, talvolta aspro. Manca una capacità propositiva, un approccio costruttivo alla soluzione dei problemi.
Il secondo metodo sbagliato è quello dell’“attivismo separatista”. Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche (banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole…). Così la fede si fa più operosa, ma – avvertiva Mazzolari – può generare una comunità cristiana elitaria. Si favoriscono interessi e clientele con un’etichetta cattolica. E, senza volerlo, si costruiscono barriere che rischiano di diventare insormontabili all’emergere della domanda di fede. Si tende ad affermare ciò che divide rispetto a quello che unisce. E’ un metodo che non facilita l’evangelizzazione, chiude porte e genera diffidenza.
Il terzo errore è il “soprannaturalismo disumanizzante”. Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le delusioni che si incontrano. Ci si estranea dal mondo, vero campo dell’apostolato, per preferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritualismo. Ne deriva un apostolato fiacco, senza amore. «I lontani non si possono interessare con una preghiera che non diviene carità, con una processione che non aiuta a portare le croci dell’ora». Il dramma si consuma in questa distanza tra la fede e la vita, tra la contemplazione e l’azione”.
Il Papa ha poi concluso attualizzando ancora di più l’importanza del prete di Cicognara e Bozzolo: “Cari amici, vi ringrazio di avermi accolto oggi, nella parrocchia di don Primo. Siate orgogliosi di aver generato “preti così”, e non stancatevi di diventare anche voi “preti e cristiani così”, anche se ciò chiede di lottare con sé stessi, chiamando per nome le tentazioni che ci insidiano, lasciandoci guarire dalla tenerezza di Dio. Se doveste riconoscere di non aver raccolto la lezione di don Mazzolari, vi invito oggi a farne tesoro. Il Signore, che ha sempre suscitato nella santa madre Chiesa pastori e profeti secondo il suo cuore, ci aiuti oggi a non ignorarli ancora. Perché essi hanno visto lontano, e seguirli ci avrebbe risparmiato sofferenze e umiliazioni”.
g.biagi