Schiacciati da un olmo in villa. L'agronomo: 'Albero tagliato senza buon senso'
“Nessuna precarietà o pericolo. Quell’olmo è stato tagliato senza neanche una forma di buon senso. C’è stata una completa irrazionalità di tutta l’operazione di taglio”. A parlare è Luca Toschi, di Milano, agronomo, consulente tecnico nominato da Teresa Stringa, 57 anni, di Vaiano Cremasco, finita a processo davanti al giudice Maria Stella Leone con l’accusa di omicidio colposo per la morte di Giambattista Lupo Stanghellini e di Achille Grazioli. Entrambi erano rimasti schiacciati il 20 novembre del 2014 sotto un olmo che stavano cercando di sradicare.
Per l’accusa, la Stringa, nella sua qualità di committente dei lavori di manutenzione del verde di villa Augusta, storica dimora di Vidolasco, avrebbe violato tutta una serie di prescrizioni di legge, determinando, per “imprudenza, imperizia e negligenza”, la morte delle due vittime.
In quel periodo nel parco di villa Augusta erano in corso interventi per abbattere alberi ad alto fusto a rischio caduta. Al lavoro, quel giorno, oltre a due operai, c’erano anche l’architetto Achille Grazioli, 67 anni, e l’ex muratore Giambattista Lupo Stanghellini, 69 anni, entrambi di Bagnolo Cremasco. Al momento dell’infortunio, Lupo Stanghellini stava abbattendo un olmo dell’età di circa 35 anni utilizzando un cavo d’acciaio che era stato agganciato alla pianta da abbattere su cui erano stati praticati un taglio parziale in un punto ed una tacca d’aggancio per il cavo in un altro ed un’altra pianta ad alto fusto posta a circa 15 metri di distanza. Grazioli stava seguendo le operazioni. Improvvisamente la pianta da abbattere aveva ceduto, ed aveva colpito al capo, con due distinti rami, sia Lupo Stanghellini che Grazioli. I due avevano subito lesioni mortali al cranio.
Per l’esperto sentito oggi come testimone, la pianta, “molto giovane e di dimensioni ridotte, non presentava alcun tipo di anomalia per poter presupporre un abbattimento”. L’olmo, che sì aveva un’inclinazione, “ma un minimo, verso sud est, non era a rischio caduta, e nemmeno c’era pericolo per la proprietà vicina”. Sul taglio praticato, Toschi ha parlato di un “taglio molto obliquo, da nord verso sud, con un’inclinazione di 50 gradi, un taglio praticato senza neanche una forma di buon senso”. L’esperto è stato interpellato anche sulla distanza che deve esserci per chiunque si accinga a tagliare un albero: “La distanza deve essere doppia rispetto all’altezza della pianta”. In questo caso, secondo il consulente, “la distanza era inferiore rispetto all’altezza dell’albero”.
La tragedia si era consumata sotto gli occhi di Filippo Grazioli, figlio del professionista e collega del padre nel suo studio professionale. Achille Grazioli viveva con la moglie Giovanna a Bagnolo. “L’architetto era la persona di fiducia della signora Stringa”. Così lo ha definito l’avvocato Walter Giuseppe Felice Benatti, che aveva assistito la Stringa in una causa civile. “Achille Grazioli”, ha detto l’avvocato, sentito come testimone, “conosceva perfettamente la villa. La signora si occupava degli aspetti burocratici, mentre lui era una figura tecnica in grado ad esempio di stabilire se i cornicioni fossero o meno pericolanti”. “Insomma, era l’occhio della proprietà”, gli ha suggerito il giudice Leone. “Si”, ha ripreso il teste, “lui aveva la funzione di valutazione sia dei valori della villa sia di quello che c’era da fare. In questo senso si comportava come fosse il proprietario”.
Giambattista Lupo Stanghellini, invece, si occupava di effettuare lavori di giardinaggio nel parco della casa in cui visse il pittore Ugo Stringa. “Andava a tagliare l’erba e d’inverno tagliava la legna per il camino”, ha ricordato in aula il fratello Giuseppe. “Tagliava anche gli alberi. Quando avevano bisogno lo chiamavano, so che veniva pagato 15 euro l’ora”. “Chi lo chiamava?”, è stata la domanda del giudice. “L’architetto Grazioli”, ha risposto il teste. “Andava alla villa per fare lavori di manutenzione”, ha ricordato a sua volta Andrea, il genero della vittima. “Faceva giardinaggio e sistemava le porte. Poi nel 2014 è stato operato al cuore ma andava comunque a fare piccoli lavoretti a nostra insaputa. Veniva chiamato dall’architetto Grazioli”. “Mio suocero”, ha aggiunto Andrea, “è sempre stato un trafficone. Tenerlo fermo quotidianamente era impossibile. Mio suocero ha sempre tagliato alberi, lui è nato agricoltore”.
Per l’accusa, Teresa Stringa, difesa dall’avvocato Fabio Spada, aveva dato disposizioni di eseguire i lavori di abbattimento degli alberi senza aver prima chiesto il nulla osta della Soprintendenza per i Beni ambientali ed architettonici, né l’autorizzazione paesaggistica. La committente, inoltre, non avrebbe verificato l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatore in relazione alle funzioni o lavori da affidare con le modalità prescritte dalla legge al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Né l’imputata avrebbe valutato tutti i rischi associati ai pericoli individuati e connessi all’età dei lavoratori ed alla specifica tipologia contrattuale. Non avrebbe inoltre provveduto affinchè i lavoratori avessero un’adeguata informazione, formazione ed addestramento, non avrebbe provveduto alla sorveglianza sanitaria degli stessi e non avrebbe messo a disposizione né attrezzature conformi ai requisiti di legge, né dispositivi di protezione adeguati ai lavori da svolgere come elmetti, cuffie e occhiali protettivi.
Nel procedimento, la vedova di Grazioli, il figlio, la nuora e le due nipotine si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Massimiliano Cortellazzi, mentre gli eredi di Lupo Stanghellini sono assistiti dai legali Doriano Aiolfi, Chiara Tomasetti ed Enrico Giavaldi.
Oggi l’imputata avrebbe dovuto essere sottoposta all’esame, ma ha rinunciato, dicendo che non stava bene e che non se la sentiva. L’udienza è stata aggiornata al prossimo primo di giugno per sentire i testi della difesa.
Sara Pizzorni