Cronaca

‘Qui ci ammazzano tutti’: l'ultima frase di Fabio Moreni prima della strage

E’ stata depositata la motivazione della sentenza con la quale lo scorso 2 marzo il gup del tribunale di Brescia Carlo Bianchetti ha condannato all’ergastolo Hanefija Prijic, 52 anni, conosciuto come Paraga, l’ex comandante delle milizie paramilitari bosniache a processo a Brescia per la strage di Gornji Vakuf del 1993 nella quale morirono i bresciani Guido Puletti, Sergio Lana e il 39enne cremonese Fabio Moreni, i tre volontari che stavano portando aiuti in Bosnia insieme a Cristian Penocchio ed Agostino Zanotti, i due sopravvissuti.

Il gruppo di volontari era partito da Ghedi il 28 maggio del 1993. Aveva raggiunto Spalato e il giorno successivo era ripartito alla volta di Zavidovici con un autocarro condotto da Moreni, sul quale erano trasportati gli aiuti umanitari, e con un fuoristrada noleggiato a Spalato sul quale viaggiavano gli altri componenti del coordinamento bresciano. Il 29 maggio la spedizione era stata bloccata a Gornji Vakuf da un gruppo composto da una trentina di uomini, tra cui una donna, armati di Kalashnikov, mitra, bombe a mano, coltelli. Alcuni erano vestiti con tute mimetiche e altri con abiti civili. Ai volontari era stato ordinato di consegnare passaporti e denaro, e quindi, sotto la minaccia delle armi, erano stati fatti spostare in una stradina laterale, mentre i militari rovistavano sugli automezzi e tra gli effetti personali.

Il capo del gruppo si era poi fatto consegnare da Zanotti la sua valigetta dove era custodito l’elenco dei cittadini di Zavidovici che avrebbero dovuto essere ricoverati in Italia e i documenti relativi a due bosniaci, un medico e uno studente, che gli stessi volontari avevano accompagnato in Italia, “con modalità semi clandestine”, nel corso di una precedente missione. A questo punto il capo aveva ordinato ai volontari di salire su un trattore. I cinque, scortati dal capo e dalla donna, la sua compagna, erano stati condotti su una stradina di montagna. Era stato Moreni il primo ad intuire le intenzioni di due soldati ai quali il capo aveva detto qualcosa. Ai compagni, Moreni aveva gridato: ‘Qui ci ammazzano tutti’. Quindi uno dei militari aveva armato il mitra. Gli italiani avevano tentato la fuga, ma poi entrambi i soldati avevano fatto fuoco, colpendo ripetutamente Puletti, Lana e Moreni. Successivamente analizzato, il corpo di Moreni presentava “tre ferite nella parte destra del torace più due ferite nella spalla sinistra”.

Nelle 52 pagine di motivazioni, il giudice dà “ampio credito” al racconto “assai dettagliato” dei due sopravvissuti Penocchio e Zanotti, concludendo che “le indicazioni da loro fornite compromettevano seriamente un comandante locale già implicato in un’indagine su civili croati scomparsi, tale Hanefija Prijic, detto Paraga”. L’imputato era stato riconosciuto dai due sopravvissuti in un video proveniente dalle forze inglesi dell’Unprofor, immagini fornite da un consulente del Ministero degli Esteri. Testimonianze, informazioni raccolte da fonti giornalistiche, militari e diplomatiche avevano poi confermato “l’entità numerica del gruppo di Berretti Verdi e la circostanza che all’epoca Paraga comandasse il reparto operante nella zona di Gornji Vakuf”.

Da parte di Paraga ci sarebbe stato il sospetto che “oltre alle finalità umanitarie ci fossero altri interessi sottesi all’invio del convoglio, come dimostrato dal suo interesse verso i nominativi dei cittadini bosniaci contenuti nell’elenco da lui rinvenuto all’interno della valigetta di Zanotti”. Nella motivazione, il giudice fa anche riferimento alla “guerra dei convogli, che vedeva le diverse fazioni interessate ad impedire che convogli umanitari fossero in tutto o in parte destinati a cittadini appartenenti alle etnie ad esse contrapposte”. Anche in patria, Paraga era stato riconosciuto colpevole, e condannato ad una pena di 13 anni già scontati.

Sara Pizzorni

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