'Salvata' l'antica chiesa degli orefici, cosa ne resta dopo l'arrivo della Tenda di Cristo
Dopo vent’anni circa di inutili tentativi di vendita, la chiesa di Sant’Eligio in via Bonomelli è stata sottratta all’abbandono e sta diventando, insieme all’ex convento adiacente, la nuova base della Tenda di Cristo di fratel Francesco Zambotti, punto di raccolta di oggetti ed indumenti usati e prossimamente, residenza per singoli e nuclei famigliari indigenti. Ma ci sarà anche un ambulatorio medico e un centro d’ascolto. Se l’utilizzo a scopi sociali è opera benemerita, è al tempo stesso il suggello finale della progressiva perdita di memoria del nostro passato, di un luogo simbolo dell’importanza della città e del suo ceto artigiano, pur in un periodo di generale decadenza come il XVII secolo. La chiesa infatti venne costruita nel 1620 su iniziativa dell’Arte degli orefici, e non era cosa comune che una corporazione si dotasse di un luogo di preghiera, in onore del proprio patrono universale. Ma, come spiega la ricerca condotta nel 2007 dalla Camera di Commercio basandosi su documenti d’archivio, “l’Arte degli Orefici cremonese ebbe vita più lunga rispetto alle altre corporazioni grazie all’esigenza di particolari competenze indispensabili a vigilare sulle valutazioni dei preziosi e, probabilmente proprio per questa sua tardiva dissoluzione, la Corporazione degli Orefici fu l’unica ad averci lasciato anche una buona parte del proprio archivio”. Una tradizione che risaliva all’epoca d’oro dell’autonomia comunale, se è vero che l’imperatore Federico Barbarossa “concesse nel 1155 alla città sua ‘fedelissima’, il privilegio d’essere sede della Zecca Imperiale, provvedimento che certo favorì il formarsi in Cremona di diverse generazioni d’abili artigiani nel campo della lavorazione dei metalli e dell’incisione”.
Da tre anni ormai Maurizio, un volontario della Tenda di Cristo, sta lavorando nei locali dietro la facciata di via Bonomelli 18, dove l’ingresso della chiesa quasi passa inosservato tra una casa e l’altra. Quando la struttura è stata donata a Fratel Zambotti dalle suore delle Piccole Serve dei poveri, il tetto stava cadendo a pezzi e le infiltrazioni avevano quasi del tutto rovinato le volte del piano terra. Il rifacimento della copertura è stato il primo atto di un recupero che sta procedendo lentamente, compatibilmente con le disponibilità finanziarie, che poggiano essenzialmente sulle donazioni. Poi sono stati recuperati i locali attigui alla chiesa, al piano terra, tutti pesantemente manomessi, con ambienti dai soffitti a volta ormai sparite alla vista a causa di tramezze divisorie ora demolite. Oggi questi spazi sono utilizzati come magazzini per la distribuzione dei vestiti usati. Analoga sorte aveva subìto la chiesa, oggi rimessa a nuovo, ma senza più tracce né degli arredi né delle suppellettili, né dei dipinti originari: per realizzare spazi abitabili al piano superiore, in passato era stata demolita la volta del soffitto a navata unica, sostituita da un solaio piatto. “Ho fatto quel che ho potuto – racconta Maurizio – ci sono voluti 2500 Kg di stucco per ripristinare le decorazioni, la situazione era pietosa”. I banchi originali e i quadri erano già spariti quando la Tenda di Cristo ha preso possesso dei locali, quelli rimessi ora sono stati recuperati da altre chiese o donati da benefattori. Qui, ogni giovedì quando non è in giro per il mondo, celebra la messa fratel Zambotti, partito dal casalasco e diventato fondatore di una ventina di comunità, dove trovano ricovero e possibilità di recupero indigenti malati e tossicodipendenti.
Ben poco oggi è rimasto di quella che era Sant’Eligio. L’unica navata della chiesa era stata già da tempo manomessa, addirittura nell’ingresso erano stati ricavati locali con pareti piastrellate tipo cucina. Il cartello vendesi era rimasto a lungo attaccato all’inferriata di via Bonomelli, ma gli alti costi di ristrutturazione e i vincoli della Soprintendenza avevano scoraggiato qualsiasi privato dall’acquisto.
Una descrizione puntuale di quello che negli anni era diventato questo luogo, è fornita nelle conclusioni del volume già citato della Camera di Commercio. “Potrebbe non apparire giusto chiudere con l’immagine malinconica di un edificio in declino queste brevi note sull’antica Arte degli Orefici cremonesi tratte dalle carte di quello che fu il loro archivio, nell’intento di ricordare l’importanza della loro organizzazione e l’alta valenza artistica di una professionalità ancora oggi testimoniata da bellissime realizzazioni. Lo facciamo ugualmente nella speranza che serva a ricordare a chi fra i loro eredi di oggi si trovasse a passare, magari per caso, davanti al numero 18 di via Bonomelli, che quella facciata, ancora intatta, è l’ultima testimonianza di una chiesa che quasi quattro secoli fa gli orefici di Cremona, con le sole proprie forze e sostenuti da una grande fede, costruirono, decorarono e preziosamente arredarono in omaggio al loro santo patrono così come recitava la lapide in marmo che, con giusto orgoglio, vollero murare nella chiesa stessa”.
g.biagi
GALLERIA FOTOGRAFICA (foto Sessa)