Cronaca

San Francesco di Sales: il vescovo incontra operatori della comunicazione

«Preziosi e pericolosi». Così il vescovo Antonio Napolioni, con tono scherzoso, ha definito i giornalisti e gli operatori della comunicazione durante il tradizionale incontro promosso dal’ufficio per le comunicazioni sociali nella festa patronale di san Francesco di Sales. Oggi, presso il Centro pastorale diocesano di Cremona, si sono radunati diversi operatori della carta stampata, della televisione e del web per riflettere sul messaggio di papa Francesco dal titolo: “Non temere, perché io sono con te”. A fare gli onori di casa l’incaricato diocesano per le comunicazioni sociali, don Enrico Maggi, che ha introdotto l’incontro e presentato gli ospiti: oltre a mons. Napolioni era presente al tavolo dei relatori il cremonese Giacomo Ghisani, vicedirettore della Segreteria per le comunicazioni della Santa Sede.

Mons. Napolioni, nel suo intervento, ha invocato una sana contaminazione tra gli operatori professionisti e quelli volontari: «I primi – ha spiegato – vivano il loro lavoro anche come servizio; i secondi, invece, cerchino di metterci sempre molta professionalità anche se per loro non è un lavoro vero e proprio». E dopo la battuta del «preziosi e pericolosi» ha provocatoriamente chiesto di essere coscienti delle proprie fragilità, soprattutto in questo tempo di esagerata velocità e di confini sempre più labili tra chi è comunicatore e chi è utente: «Oggi con un click tutti possono diventare produttori di notizie». Si vive, cioè, un tempo di grande competizione che può – come ogni aspetto della vita – diventare un’opportunità o un rischio grave. Da qui l’invito ad attenersi sempre alla realtà delle cose e a rimotivare sempre la scelta di una professione tanto delicata e così attinente al bene comune: «Domandatevi spesso: “Perché devo raccontare?”. E solo dopo: “Come devo raccontare?”. Prima del come c’è sempre il perché: cioè occorre che sia sempre chiaro lo scopo che ci spinge ad intraprendere l’attività giornalistica». Il vescovo Antonio ha quindi spronato a una «comunicazione pacifica», non perché «edulcorata, ma perché continuamente tesa alla comunione». Il lavoro del giornalista non deve avere come centro propulsore la ricerca del consenso o la conquista del potere, ma la costruzione di una società aperta, libera e coesa. Infine un accenno al discorso di Papa Francesco ai giornalisti del 22 settembre 2016 dove si dice che è necessario «arrivare il più vicino possibile alla verità dei fatti e non dire o scrivere mai una cosa che si sa, in coscienza, non essere vera».

Giacomo Ghisani, pur non essendo giornalista, da circa vent’anni si muove nel mondo della comunicazione vaticana e sta collaborando alla revisione di tutto il comparto. Un progetto ambizioso e necessario, data la vastità dei mezzi in uso alla Santa Sede, che si è già concretizzato nella costituzione della Segreteria per le comunicazioni che associa in sé diversi altri organismi, come il Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali. Ghisani si occupa in modo particolare del settore amministrativo, rimanendo anche responsabile dell’ufficio legale della Radio Vaticana. Attingendo abbondantemente dal messaggio di Papa Francesco, Ghisani ha ricordato che i mezzi della comunicazione, soprattutto quelli di respiro locale, hanno un ruolo di prossimità e di accompagnamento quotidiano dei lettori in vista di una loro più consapevole e attiva presenza nella società. Quindi l’invito forte a non ridurre gli eventi degli uomini e del mondo a pura cronaca, ma a farli diventare una vera e propria storia di relazioni nella consapevolezza che quando si racconta in maniera corretta e rispettosa delle persone si crea sempre una comunità: «all’opposto c’è il chiacchiericcio così tante volte stigmatizzato da Papa Francesco, un fenomeno che frammenta e divide». Quella del giornalista è dunque un servizio al bene comune, un contributo decisivo alla crescita individuale, sociale e comunitaria.

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