Natale e consumi: male al mercato, ma per ristoranti e gioiellerie la crisi non c'è
La gente spende nei ristoranti e, con le dovute differenze, nelle gioiellerie, per non parlare degli articoli tecnologici. Ma diserta il mercato e i negozi di abbigliamento tradizionali, per concentrarsi sulle marche più note o quelle con l’appeal pubblicitario più azzeccato. E’ un bilancio variegato, quello a ridosso del 25 dicembre, il nono dalla crisi iniziata nel 2008 e che più che ad una fase di passaggio assomiglia ad una mutazione genetica nelle abitudini di consumo. “E’ inutile prendersela con l’arredo urbano o con la viabilità o gli eventi” afferma Agostino Boschiroli, ambulante e presidente di Confesercenti. Dal suo banco in piazza della Pace, sabato mattina, si vedono facce lunghe e i suoi colleghi si avvicinano per raccontare un calo delle vendite che arriva al 40%, che nemmeno durante queste feste si è risollevato. “Fino a qualche anno fa la gente magari si concedeva due o tre acquisti per regalo, adesso si arriva ad uno a malapena”, racconta una commerciante. “La gente non ha soldi in tasca, come può spendere? La tredicesima, chi ce l’ha, l’ha avuta decurtata dalle tasse arretrate. E se soffriamo noi, soffre a catena anche tutto quello che sta a monte, dai grossisti (si parla di imminente chiusura di un magazzino che rifornisce molti banchi, a Malagnino, ndr) ai produttori”.
“Ma vi stupite ancora?” ci dice un altro. “Guardate che per noi è la normalità sentire di aziende che chiudono. Mia figlia di 26 anni è laureata in economia e finanza, ma ce l’ho in casa. Andare all’estero? Non tutti possono e poi bisogna avere delle conoscenze”. E’ un quadro triste, e secondo Boschiroli non serve a nulla dare la colpa alla scarsità di eventi o all’arredo urbano: “Purtroppo questa crisi viene da lontano e non credo che nemmeno la politica nazionale possa farci un granché; figuriamoci le amministrazioni locali. Una cosa queste possono fare: farsi portavoce della nostra crisi ai livelli più alti, regionali e nazionali, perché se non cambiano i meccanismi economici generali ben poco si può fare a livello locale. Ben vengano le iniziative locali, ma da sole non bastano. Inoltre serve una coesione d’intenti tra tutti noi operatori economici: siamo i primi a doverci mettere al servizio di questo cambiamento”.
Ma se le cose stanno così tra gli operatori del mercato, le gioiellerie in questi giorni sono piene e i ristoranti fanno il tutto esaurito. Più 30% al ristorante Il Violino di via Sicardo per tutto il periodo delle feste, Natale compreso, ci spiega il titolare, Luca Babbini. “E’ un trend regolarmente in crescita da qualche anno. Credo che chi si lamenta non ha capito che la gente oggi chiede qualità. Perchè si compra l’IPhone o la Mercedes? Perchè si è disposti a spendere se il prodotto vale”.
Alla gioielleria Torelli di corso Campi hanno poco tempo per rispondere, nel primo pomeriggio della Vigilia: “Le vendite stanno andando molto bene – spiega Silvia Torelli – offriamo articoli un po’ per tutte le tasche. A soffrire di più sono gli articoli di fascia media, mentre si vendono bene oggetti di marche come Dodo e Pandora, dai 100 ai mille euro. E poi c’è la fascia alta che non ha subito grosse variazioni dalla crisi”.