Cronaca

Caso Sapienza: la difesa: 'Quel foro in trachea fu un danno da rianimazione'

L'avvocato Stefano Forzani
L’avvocato Stefano Forzani

Parola ai consulenti della difesa, oggi, nel processo a carico dell’anestesista dell’ospedale di Manerbio Valerio Schinetti, 55 anni, accusato di omicidio colposo per la morte di Riccardo Sapienza, il 20enne cremonese deceduto il 23 luglio del 2013 in ospedale a Cremona poco prima di essere sottoposto ad un intervento di pneumotorace spontaneo. All’epoca l’imputato, difeso dall’avvocato Stefano Forzani, era in servizio a Cremona in forza di una convenzione tra i due ospedali.

Per i consulenti Benvenuto Antonini, direttore del reparto di Anestesia-Rianimazione dell’ospedale di Manerbio, Andrea Verzelletti, direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Brescia, e Mauro Benvenuti, specialista in Chirurgia Toracica a Brescia, la morte di Riccardo sarebbe stata provocata da “un pneumotorace destro dovuto alla rottura di una micro bolla polmonare a fronte di una manovra di intubazione lineare e senza problemi, con il tubo posizionato correttamente”.

Una teoria completamente diversa da quella prospettata nel corso dell’ultima udienza dai consulenti di accusa e parte civile, rispettivamente Silvia Perotti, medico legale che effettuò l’autopsia sul corpo di Riccardo, e Guido Fanelli, ordinario di Anestesiologia e Rianimazione della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Parma. Per i consulenti di pm e parte civile, a provocare l’arresto cardiaco, e quindi il decesso di Riccardo, sarebbe stata una lesione alla trachea dovuta ad una manovra errata di intubazione. Un foro “microscopico” che avrebbe causato un “abnorme” passaggio di aria nel mediastino, e cioè lo spazio all’interno della gabbia toracica, provocando una compressione del cuore fino all’arresto cardiaco.

L'avvocato Gabriele Fornasari
L’avvocato Gabriele Fornasari

Un foro che però, né Antonini, né Verzelletti hanno visto. Né sulla parte anatomica, e cioè sulla trachea in formalina, e neppure in fotografia. Per i consulenti della difesa, di quella lesione trovata in sede di autopsia dalla professoressa Perotti, non c’è traccia. E se anche quel foro ci fosse stato, secondo gli esperti “sarebbe più compatibile con un danno traumatico da rianimazione”. Per gli esperti, durante le manovre di rianimazione lo sterno avrebbe spinto sulla trachea, “sottoposta ad un traumatismo eccezionale”, e poi sul tubo, provocando la lesione. “Quattro ore di rianimazione sono veramente un record”, hanno concordato i consulenti della difesa. Quattro ore che però purtroppo si rivelarono inutili. “Il cuore non ha ripreso a battere, ed è inspiegabile”, hanno ammesso i tre consulenti, “nonostante fosse un cuore giovane e fosse stato defibrillato più volte”. Una spiegazione, secondo gli esperti, potrebbe derivare dal fatto che il cuore avesse dei problemi. “Se fosse stato raccolto e conservato”, ha ipotizzato Verzelletti, “avrebbe potuto permettere di rilevare eventuali anomalie”.

Per Antonini, Verzelletti e Benvenuti, dunque, non ci sarebbe nessuna responsabilità da parte dell’imputato, che anzi, “gestì le complicanze in maniera tempestiva e corretta, scegliendo il tubo di dimensioni corrette ed effettuando una intubazione lineare nel bronco di sinistra senza manovre correttive”.

Per l’accusa, invece, Schinetti avrebbe effettuato una manovra errata di intubazione che avrebbe originato quella lesione fatale alla trachea. Di più: l’anestesista avrebbe dovuto accorgersene e soprattutto avrebbe dovuto essere presente. Il pm onorario Silvia Manfredi, infatti, contesta all’imputato il fatto di essere uscito dalla sala operatoria dopo aver intubato il paziente. Schinetti si sarebbe allontanato per andare a prendere il diario anestesiologico, appena fuori la sala operatoria, nella cosiddetta Pacu, l’area dove si svegliano i pazienti dopo l’intervento.

“Il paziente fu intubato e messo su un fianco”, ha spiegato Antonini, “e a quel punto non era necessaria la presenza dell’anestesista”.

Dopo l’esame dei consulenti della difesa, il giudice Christian Colombo ha aggiornato l’udienza al prossimo 20 febbraio. In quella data deciderà se affidarsi ad un’altra perizia, nominando un proprio esperto, oppure se rinviare di pochi giorni ed emettere sentenza.

Nel processo, i familiari di Riccardo sono parte civile attraverso gli avvocati Gabriele Fornasari e Jolanda Tasca.

Sara Pizzorni

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