Il procuratore va in pensione 'Così si perde la mia professionalità sul terrorismo'
Dopo otto anni a Cremona, il procuratore della Repubblica Roberto di Martino lascia la magistratura per andare in pensione. Una carriera, la sua, costellata di importanti inchieste: dal terrorismo, alla ‘Ndrangheta, alla strage di piazza Loggia a Brescia, dal caso don Inzoli, all’omicidio Zardi, fino ad arrivare alla maxi inchiesta sul calcio scommesse. Nato a Bordighera 66 anni fa, ha iniziato la sua carriera nel 1976. Dopo essere stato giudice di dibattimento a Brescia, è stato per 11 anni giudice istruttore e per tre anni, sempre a Brescia, ha svolto le funzioni di gip prima di spostarsi in procura. A Cremona, di Martino si è insediato come procuratore nel dicembre del 2008. Era già conosciuto per aver firmato le indagini sulla cellula islamica nella ex moschea di via Massarotti e per aver sostenuto l’accusa in Corte d’assise d’appello, incassando in Italia le prime condanne per terrorismo internazionale.
“Il terrorismo islamico è quello che mi ha appassionato di più”, ha dichiarato il procuratore, che ha anche collaborato con l’Fbi e che è stato nelle carceri marocchine ad interrogare terroristi. “Ho acquisito un’esperienza internazionale che andrà persa in un momento in cui sarebbe stata utile. Va quindi perduta la mia professionalità”. Lo scorso aprile, in pieno processo sul calcio scommesse, il procuratore, non senza polemiche, aveva dichiarato l’intenzione di andare in pensione in seguito al mancato accoglimento delle sue domande di trasferimento a Bergamo come procuratore e a Brescia all’Avvocatura generale. “Non sono stato ritenuto meritevole per i posti che avevo chiesto”, ha detto ancora.
Dal 12 dicembre sarà ufficialmente in pensione. Un bilancio positivo, il suo, sebbene caratterizzato da alcune ombre, non ultima la piaga della carenza di personale. “E’ stato un periodo molto intenso”, ha commentato il procuratore. “Sono stato molto assorbito dai processi, non solo dal calcio. Certo, la carenza di personale amministrativo è stata una piaga da quando sono arrivato. L’unico momento in cui c’è stato un po’ di respiro è stato subito dopo l’accorpamento tra Crema e Cremona. Per un momento ci siamo illusi di avere un organico pieno, ma la favola è durata poco: quasi tutti i dipendenti di Crema si sono trasferiti a Lodi, e siamo arrivati ad avere una scopertura del 44%. Se poi si contano le malattie e le situazioni familiari, superiamo il 50%. Due degli uffici chiave, le esecuzioni e l’ufficio udienze, non sono chiusi, ma poco ci manca”. “Ho fatto tutto ciò che potevo fare”, ha spiegato il procuratore: “Siamo andati al Ministero, ci hanno promesso l’arrivo di 80 persone per tutto il distretto. A Cremona avrebbero dovuto arrivarne 20 dall’amministrazione provinciale, ma poi sono arrivate solo due persone: una della Croce Rossa e un’altra che guida i camion. Persone bravissime, ma non in condizioni di assistere un magistrato. Una situazione, questa, che porta il personale ad essere poco incentivato, anche se tutti hanno lavorato”.
Per quanto riguarda i magistrati, di Martino ha spiegato che c’è già stata una richiesta di applicazione alla procura generale e che è in arrivo un altro sostituto procuratore. “Tuttavia anche la situazione dei magistrati comincia ad essere problematica”, ha commentato il procuratore. “Lascio alcuni processi di dimensioni ragguardevoli: il calcio, che ricadrà sui miei sostituti, e anche altri processi di impegno non indifferente”. Per il calcio, di Martino ha ammesso di sentire apprensione: “Le forze del tribunale e della procura sono limitate per poterlo concludere in tempi accettabili”.
E poi tutte le altre inchieste: la rissa tra i centri sociali e Casa Pound e il corteo antifascista: ‘Un fatto molto grave”, ha dichiarato di Martino. La ‘Ndrangheta, “radicata nel territorio”. Il processo a don Inzoli per gli abusi sessuali sui minori, il tennis scommesse e poi ancora l’omicidio ancora irrisolto della giovane Arianna Zardi. “Il territorio cremonese non è poi così tranquillo”, ha concluso il procuratore.
In questi otto anni, di Martino ha saputo conoscere e apprezzare tutti i suoi collaboratori. “E’ una procura piccola, ci conosciamo uno a uno”, ha detto, con un certo orgoglio: “Non c’è nessuno nel mio ufficio che possa avere dei motivi di risentimento nei miei confronti”.
Cosa farà ora il procuratore ? “Sicuramente non mi annoierò”, ha detto. Scrive poesie, suona la chitarra, ama i viaggi, è uno sportivo e vorrebbe imparare le lingue. “Tornerò sicuramente in palestra, ora che ho il tempo. E forse scriverò dei libri. Non so se scriverò un libro sul calcio: mi piacerebbe trovare la via giusta per non sollevare polemiche, e mi piacerebbe anche scrivere un libro su quello che è il disagio in un ufficio giudiziario”.
Sara Pizzorni