Cronaca

Uccise la moglie nella loro casa di via dell'Annona 18 anni a Chabli Saddike

Foto Sessa
Il giudice Beluzzi
Il giudice Beluzzi

Diciotto anni. Questa la condanna emessa dal gup Pierpaolo Beluzzi nei confronti di Chabli Saddike, 58 anni, il marocchino accusato di aver strangolato a morte la moglie Nadia Guessos, 46 anni, nella notte tra l’11 e il 12 gennaio nel loro appartamento al primo piano al civico cinque di via dell’Annona. L’uomo, processato con il rito abbreviato, che dà diritto ad uno sconto di un terzo della pena, doveva rispondere di omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione. Per l’imputato, presente in aula, il pm aveva chiesto una pena di 20 anni. Nella sentenza, il giudice non ha accolto la richiesta della difesa di concedere le attenuanti generiche, ma ha fatto cadere le due aggravanti.

L’avvocato Vezzoni

Il 58enne è stato anche condannato a pagare 400mila euro di risarcimento del danno (di cui 200 di provvisionale) nei confronti della figlia minore, costituita parte civile attraverso l’avvocato Maria Laura Quaini (curatore speciale della 17enne era l’avvocato Alessio Romanelli). La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni. La difesa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Vezzoni, ha già fatto sapere che ricorrerà in appello. “Il litigio tra i due è avvenuto alle 17,30 del pomeriggio”, ha spiegato il legale in merito alla contestata aggravante della premeditazione. “Poi la moglie è uscita ed è tornata alle 20. E’ un arco temporale troppo basso per premeditare il delitto. E’ stato un raptus, culminato nel secondo litigio nel quale lui l’ha uccisa a mani nude perchè lei non era andata a comprargli gli psicofarmaci”. “Ma questa”, ha continuato l’avvocato, che al giudice aveva anche chiesto l’attenuante della provocazione, “è solo la punta dell’iceberg di una situazione familiare in cui lei, che mangiava alla mensa della comunità nella quale lavorava, non faceva mai la spesa, costringendo lui ad andare a mangiare alla Caritas”.

Nella casa di via dell’Annona, i carabinieri erano intervenuti nelle prime ore del 12 gennaio scorso dopo la chiamata di uno dei figli. Il marocchino aveva contattato i militari di Cassano d’Adda ai quali, in metà francese e in metà inglese, aveva riferito le parole: ‘padre, Cremona via Annona 5, morto’. Nel corso dell’intervento, uno dei carabinieri era riuscito a mettersi in contatto con il marocchino che in inglese aveva riferito che il proprio padre gli aveva annunciato la volontà di togliersi la vita.

L’avvocato Quaini

Era stato lo stesso Chabli Saddike ad aprire la porta di casa agli uomini dell’Arma. Alla loro vista, però, era corso verso la camera da letto e aveva raccolto da terra una corda con cui aveva formato un cappio e se l’era infilata al collo. L’uomo, immediatamente bloccato, aveva raccontato ai carabinieri di aver appena strangolato la moglie, trovata senza vita in una stanza attigua. Il corpo, che presentava sul collo un ematoma da strangolamento, era disteso sul letto e coperto da un lenzuolo. Successivamente l’uomo aveva consegnato ai carabinieri anche alcuni biglietti manoscritti conservati sul tavolo della cucina nei quali sosteneva di essere stato maltrattato e dando disposizioni in ordine alla propria salma.

“Dal verbale del sopralluogo”, scriveva il gip Letizia Platè nell’ordinanza di convalida dell’arresto, “si evince come l’appartamento, al momento dell’arrivo dei militari, si presentava in ordine e non venivano rilevate tracce di una possibile eventuale colluttazione”.

I fatti erano stati ricostruiti dallo stesso Chabli che aveva ricordato che quel giorno aveva chiesto alla moglie di comprargli un medicinale, ma lei era tornata senza, e al rientro dal lavoro della donna la discussione era continuata. A quel punto l’imputato aveva messo le mani intorno al collo della moglie, provocandone la morte. Poi aveva scritto i biglietti ed aveva chiamato uno dei suoi figli che era in Francia, invitandolo a chiamare le forze dell’ordine e a mantenere la calma. In sede di udienza di convalida, Chabli aveva affermato di aver deciso di uccidere se stesso e la moglie poco dopo che quest’ultima era uscita per andare al lavoro. Aveva preso la corda dalla macchina con il fine preciso di utilizzarla per suicidarsi e che già in quel momento aveva maturato l’idea di uccidere la moglie appena rientrata in casa e poi di porre fine anche alla propria vita.

Per il gip Platè, l’imputato “ha mostrato una sconcertante assenza di freni inibitori ai propri impulsi proprio in una situazione di conflittualità familiare”.

Sara Pizzorni

 

 

 

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