Morte di Dario Fo. Nel '78 al Ponchielli debutto nazionale della sua 'Histoire du soldat'
Dario Fo, scomparso questa mattina all’età di 90 anni, su cui oggi si concentra il cordoglio di rappresentanti delle istituzioni e della cultura, ha legato il suo nome anche a Cremona. Fu qui, al teatro Ponchielli, il 18 novembre 1978, che si tenne la prima nazionale di “Histoire du soldat” da Stravinskij, produzione che gli era stata affidata dal teatro alla Scala. Fo non era ancora il premio Nobel per la letteratura che sarebbe diventato più tardi. La sua rivisitazione dell’opera fu totale, a cominciare dall’estensione della durata: da 50 minuti dell’originale a due ore, con l’inserimento di altre musiche di Stravinskij. Il teatro era pieno in ogni ordine di posti, come raccontava il critico Elia Santoro l’indomani sulla Provincia, ma costituito da un pubblico diverso da solito: esponenti del mondo culturale milanese, lo staff dirigenziale della Scala, amministratori pubblici, critici musicali. Una prima nazionale di un autore tanto innovativo, in una città di provincia, non era cosa da passare inosservata. “Spettacolo bello ed elegante, ma anche assurdo e sconcertante”, commentava Santoro.
Dario Fo e Franca Rame calcarono ancora il palcoscenico del teatro cittadino, nel 1990 con “Il Papa e la strega” e nel 1994 con “Mamma! i Sanculotti!”.
Abituato alle polemiche, anche “Histoire du soldat” non mancò di provocarne al suo regista e non solo per la parte artistica. Lo spettacolo venne accusato di costare troppo e che era anche a causa sua se il bilancio della Scala era in rosso. Fo rispose da par suo a questo tipo di polemiche: “L’allestimento – disse in una intervista del 1979 – è la dimostrazione che si può fare uno spettacolo di qualità che sia insieme popolare e poco costoso. Un’opera della Scala viene rappresentata al massimo per una ventina di sere. Noi dall’autunno scorso abbiamo girato mezza Italia, toccato piazze sconosciute, recitando in palazzetti dello sport e tendoni per più di 250mila persone (…) Ho disturbato quei feudi che sono i teatri lirici. Quante volte l’Opera di Roma viene a Milano, o quella di Torino va a Parma? Nessuno si muove per non spiazzare gli altri. Si preferiscono mantenere delle strutture ingessate, dove non circola l’aria, ma che possono essere facilmente controllate”. Una libertà preziosa, quella praticata e insegnata da Dario Fo, eredità lasciata alle generazioni future.
g.b.