Lettere

Laurea restauro strumenti
occasione per regolarizzare
tante professionalità

da Fabio Perrone

Egregio direttore,

merita senz’altro un pubblico riconoscimento lo sforzo e il conseguimento del bel risultato dell’avvio del corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Conservazione e restauro dei beni culturali compiuto dall’Università di Pavia e dal mondo della liuteria. Un risultato non scontato e certamente auspicato fin dagli anni Settanta quando si spesero per ottenere un Centro di Restauro a Cremona illustri figure quali Sergio Renzi, Vinicio Gai, Leonardo Pinzauti, Giobatta Morassi ed altri ancora che, in quegli anni, avevano posto le basi per la redazione della Carta di Restauro degli strumenti musicali che vedrà la luce a Cremona nel 1987, dopo numerose visite ricognitive fatte nei Musei di Milano, di Bologna, di Firenze, di Roma, di Monaco di Baviera, di Norimberga, di Parigi, di Bruxelles, di Vienna, a collezioni private e a Laboratori di Restauro europei. Un risultato, dunque, che giunge dopo oltre 40 anni di studio e di tentativi andati falliti (ultimo e più clamoroso per la città di Cremona la “perdita” del Centro di Restauro).
Con l’avvio di questo corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Conservazione e restauro dei beni culturali si pongono finalmente le basi per costruire una “professione” nel nostro Paese non pienamente riconosciuta. Non esistono infatti i ruoli di “conservatori di strumenti musicali” impiegati nei musei pubblici e coloro i quali ci si dedicano arrivano a ricoprire questi incarichi de facto, per passione e abnegazione (spesso non riconosciuti) o per vie “non ordinarie” per il quale il nostro Paese ha una lunghissima tradizione.
Forse pochi sanno che quello che è comunemente conosciuto come il “Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma” non ha lo status di Museo ma semplicemente di “Deposito”. Per porre rimedio a questa assurdità, tutta italiana, sono state nel tempo redatte apposite proposte di Legge (es. Camera dei Deputati n. 7017/2000) mai approvate dal Parlamento. Accanto dunque alla formazione dei nuovi “conservatori” e “restauratori”, ci si attende ora anche uno sforzo per il loro pieno riconoscimento istituzionale nelle Soprintendenze, nei Musei pubblici e nei Conservatori di musica dove, a dispetto di una gran quantità di strumenti musicali storici, non esistono “ruoli” specifici in organico.
Un “riordino” della materia sarebbe davvero un grande passo in avanti e chi scrive pensa che Cremona e le sue Istituzioni possano guidare con caparbietà e rigore quest’altra importante sfida che servirà, alla lunga, anche ai futuri laureati in Conservazione e restauro dei beni musicali per entrare “a pieno titolo” nelle strutture centrali e periferiche del Ministero ed offrire competenza e qualità per la conservazione e il restauro di un patrimonio di inestimabile valore, qual è quello degli strumenti musicali.

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