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Contro Conte un 'quadro gravemente deficitario'. Ecco perchè è stato assolto

“Non emergono elementi per ritenere che sia Conte che Alessio fossero a conoscenza di operazioni di ‘scommesse’ collegate al risultato concordato della partita Albinoleffe-Siena, né tanto meno di ‘corruzioni’ a qualche giocatore coinvolto”. Lo scrive il gup Beluzzi.

Da sinistra il giudice Beluzzi mentre legge la sentenza, il ct Conte e il suo avvocato Francesco Arata (Foto Sessa)

“Non emergono elementi per ritenere che sia Conte che Alessio fossero a conoscenza di operazioni di ‘scommesse’ collegate al risultato concordato della partita Albinoleffe-Siena, né tanto meno di ‘corruzioni’ a qualche giocatore coinvolto”. Lo scrive il gup Beluzzi nella motivazione della sentenza di assoluzione di Antonio Conte e del suo secondo Angelo Alessio. “Le valutazioni espresse dal pm”, si legge, “si limitano ad esprimere concetti di ‘verosimiglianza’ o ‘probabilità’, senza per altro alcun collegamento diretto con le dichiarazioni da parte dei principali attori dell’accusa (nella figura dei calciatori – coimputati – Coppola e Carobbio). Anche le intercettazioni estrapolate riguardanti conversazioni fra altri soggetti coinvolti nella complessa indagine evidenziano unicamente un riferito tentativo di contattare Antonio Conte, senza che risultino agli atti riscontri in questo senso”. Per il giudice, “ne consegue un quadro gravemente deficitario in riferimento alla prova della conoscenza da parte di Conte e Alessio dell’esistenza di operazioni di scommesse collegate a partite del Siena e di eventuali ipotesi/proposte di corruzione di giocatori”. Secondo il giudice, “l’unico effettivo ‘vantaggio’ o utilità collegato al risultato della partita può essere ravvisato nella sola agevolazione della squadra dell’Albinoleffe, utilità finalizzata ad ottenere i tre punti in occasione dell’ultima partita di campionato: la contestazione deve pertanto essere circoscritta a quella fattispecie penale relativa ad accordi fra soggetti tutti partecipanti con diversi ruoli all’evento sportivo diretti a concordare preventivamente un risultato fra le squadre in competizione. L’unica condotta ‘attiva’ ravvisabile dal capo di imputazione risulta compendiata nel ‘benestare’ che il solo Conte (in quanto allenatore capo) avrebbe prestato al risultato a favore dell’Albinoleffe”. Ma per il giudice, sussiste un “difetto di prova” che Conte sapesse effettivamente dell’accordo, che sapesse quali giocatori partecipassero a tale accordo e che fosse nella materiale possibilità di sostituire tali giocatori con altri non coinvolti”. Per il giudice, infine, “l’allenatore e tanto meno il vice allenatore di una squadra di calcio, che non ricoprono anche un ruolo di ‘organo’ di disciplina, non sono ‘obbligati’ alla comunicazione dell’eventuale notizia di reato di una ‘frode sportiva’ all’autorità giudiziaria”.

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Al centro il pm Roberto di Martino e il collega Ignazio Francesco Abbadessa

Sara Pizzorni

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