Cronaca

Delitto Moreni: odio religioso o altri motivi? Interrogati a Brescia i due sopravvissuti

Ci sono sviluppi importanti nell’inchiesta portata avanti dalla procura di Brescia sulla strage di Gornji Vakuf, in Bosnia, commessa il 29 maggio del 1993 e nella quale perse la vita anche l'imprenditore cremonese Fabio Moreni.

Ci sono sviluppi importanti nell’inchiesta portata avanti dalla procura di Brescia sulla strage di Gornji Vakuf, in Bosnia, commessa il 29 maggio del 1993 e nella quale persero la vita tre dei cinque volontari partiti da Brescia con un carico umanitario destinato alle popolazioni colpite dalla guerra nei Balcani. Tra le vittime, anche il cremonese Fabio Moreni. In questi giorni i pm Silvia Bonardi e Valeria Bolici hanno interrogato in procura i bresciani Christian Penocchio e Agostino Zanotti, gli unici sopravvissuti del massacro nel quale, oltre al cremonese Moreni, morirono i volontari bresciani Sergio Lana e Guido Puletti. Penocchio e Zanotti sono stati sentiti per poter acquisire anche nell’inchiesta italiana la loro versione dei fatti.

Di quell’eccidio è accusato Hanefjia Prijic, 52 anni, detto Paraga, il comandante paramilitare bosniaco arrestato in Germania ed estradato in Italia nel febbraio scorso. I pm gli contestano il reato di omicidio politico. A 23 anni di distanza, i due sopravvissuti hanno ripercorso quei momenti drammatici, nella consapevolezza di dare un contributo imprescindibile alle indagini. Un contributo che peraltro avevano già dato nell’inchiesta condotta dalle autorità bosniache.

Il convoglio umanitario era partito da Ghedi alla volta di Zavidovici, nella Bosnia centrale: quel giorno gli italiani furono fermati sulla ‘strada dei diamanti’ dai ‘Berretti Verdi’, truppe comandate da Paraga. Dopo averli derubati e trasportati in una zona isolata di montagna, su ordine del bosniaco, i militari ‘cominciavano a sparare’, si legge nella richiesta di arresto. Solo Penocchio e Zanotti riuscirono a salvarsi: uno si gettò in un fiume, l’altro scappò nel bosco.

“Vorrei chiedergli perché ha sparato, perché ha voluto uccidere dopo che già ci avevano rubato tutto e non potevamo comunque andare avanti nella nostra missione”, aveva commentato Agostino Zanotti dopo la notizia dell’arresto. “Gli chiederei anche se lo ha deciso lui o se qualcuno gli ha ordinato di farlo”.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, Paraga si era avvalso della facoltà di non rispondere. Poi però, nel corso di un successivo interrogatorio protrattosi per cinque ore, ha negato di aver mai dato l’ordine di aprire il fuoco sui cinque volontari italiani.

Questi, per la procura di Brescia, sono giorni di lavoro, tra gli interrogatori dei sopravvissuti e dell’indagato, ma anche di lavoro da parte dei traduttori, attualmente ancora impegnati nella traduzione degli atti pervenuti dalla Bosnia. Il materiale a disposizione dei due pm aumenta di giorno in giorno.

Paraga, già condannato nel 2001 dai giudici bosniaci a 13 anni di reclusione, è attualmente detenuto nella casa circondariale di Canton Mombello. L’attesa sulla pronuncia della giustizia italiana è tanta.

Sara Pizzorni

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