Lettere

Pontiggia: ecco perchè
voterò no al referendum

da Francesca Pontiggia, responsabile ambiente Pd provinciale

Egregio Direttore,

Credo che sia del tutto fuorviante piegare la discussione sul referendum del 17 aprile ad uno scontro tra chi è a favore delle trivelle e chi è a favore delle rinnovabili; piuttosto è necessario riaprire seriamente la discussione sulla Strategia Energetica Nazionale perché abbiamo davanti degli impegni stringenti che ci derivano dall’Europa dal Pacchetto Energia 2030 e dall’Accordo di Parigi – ma non è con questo referendum che si cambierà la strategia energetica del Paese. Lo strumento del referendum è del tutto inefficace e rischia al contrario di avere come unica conseguenza la messa a rischio di migliaia di posti di lavoro di quanti operano in impianti già attivi, senza nessun reale beneficio ambientale e senza portare nessun contributo alla ripresa di una discussione seria sul futuro energetico del Paese.
A tal proposito è bene ricordare che in seguito all’emanazione della Legge di Stabilità 2016 solo uno dei sei quesiti referendari è rimasto in piedi in quanto sono stati rimossi tutti quegli elementi di criticità, rispetto alla determinazione del carattere strategico, di indifferibilità e urgenza delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, che di fatto stavano alla base della mobilitazione referendaria delle Regioni.
La Legge di stabilità 2016 stabilisce che nel raggio delle 12 miglia le concessioni già rilasciate siano prorogate per la durata della vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale, quindi il quesito referendario su cui si voterà il 17 aprile riguarda esclusivamente i 21 impianti esistenti che ricadono nel raggio delle 12 miglia dalla costa e non tutti gli altri esistenti oltre questa distanza e sulla terraferma sui quali questo referendum non avrà nessun effetto.
Se vincesse il SI verrebbe bloccata l’estrazione di 1210 milioni di metri cubi (mmc) l’anno di gas naturale che se interamente impiegato per la generazione di energia elettrica (mentre viene utilizzato anche ad altri scopi), produrrebbe circa 5.2 TWh l’anno di energia elettrica. Estremizzando potremmo confrontare questo dato con i 25 TWh prodotti dal fotovoltaico nel 2015 e subito ci renderemmo conto che il mancato volume di gas estratto potrebbe essere sostituito con un incremento del 20% della potenza nazionale installata di solare fotovoltaico.
Tuttavia è bene ricordare che la base installata di solare fotovoltaico in Italia cresce al ritmo dell’1-2% l’anno anche senza incentivi e che oltre all’aumento di energia da fonti rinnovabili assistiamo ogni anno ad un incremento dell’efficientamento energetico, pertanto è molto probabile che il mix energetico italiano “pulito” avrà un aumento del 20% in 5-10 anni che è lo stesso obiettivo che si pone il referendum.
Per i motivi sopra esposti credo che questo quesito referendario non apporti nessun reale beneficio ambientale e nessun contributo alla ripresa di una discussione seria sul futuro energetico del Paese, pertanto il 17 aprile voterò NO.

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