Cronaca

'Significativa presenza di imprese contigue alla 'ndrangheta'. Relazione Dia

Fondamentalismo islamico e ‘ndrangheta sugli appalti. Sono i fronti a rischio sui quali già sabato scorso, durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Brescia, era intervenuto il procuratore generale Pier Luigi Maria dell’Osso. L’allarme ‘ndrangheta sugli appalti è contenuto anche all’interno dell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, quella riferita al primo semestre 2015, che parla di una “significativa presenza di imprese contigue alla ‘ndrangheta” operanti nel settore “del movimento terra” osservata “nel Milanese, ma anche nell’area a ridosso delle province di Mantova e Cremona”. Le parole sono contenute nel capitolo sulla criminalità organizzata calabrese che ricorda le inchieste recenti, come “Aemilia”, “Pesci” e “Kyterion” delle Direzioni distrettuali antimafia di Bologna, Brescia e Catanzaro, le quali “hanno delineato l’esistenza di una struttura criminale operante in particolare nelle province di Reggio Emilia, Mantova e Cremona, secondo logiche, interconnessione e schemi operativi tipici della ‘ndrangheta, collegata con la locale di Cutro (Kr), espressione dei Grande Aracri”. “Nei primi sei mesi del 2015 – si legge ancora – le operazioni di polizia giudiziaria concluse contro la ‘ndrangheta sono state effettuate prevalentemente nel territorio del distretto giudiziario della Corte d’appello di Brescia, che include i circondari di Brescia, Mantova, Bergamo e Cremona, confermando la capacità della criminalità calabrese di infiltrarsi in vari ambiti, quali l’edilizia, i servizi ambientali e urbanistici, le bonifiche, i finanziamenti pubblici, la grande distribuzione, l’erogazione del credito, l’energia, i giochi d’azzardo e le scommesse”. Lo stesso procuratore generale di Brescia dell’Osso, nella sua relazione, aveva ritenuto “interessante” rimarcare “i casi di soggetti con ‘doppia anima’ di trafficanti e di ‘imprenditori’ attraverso società di fatto ad essi riconducibili, ma guidate da ‘prestanome’, tramite cui è risultato possibile, se non agevole, ottenere appalti e subappalti in rilevanti opere pubbliche”. “Le indagini”, aveva concluso il procuratore generale, “non devono avere alcuna soluzione di continuità e richiedono risorse ben più calibrate, con una cospicua implementazione urgente”.

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