Politica

A2A-Lgh sempre meno pubblica? Per il sindaco di Milano, 'non è un tabù'

Il sindaco di Milano Pisapia getta scompiglio nel centrosinistra cremonese dando per scontato, in un'intervista sul Sole24Ore, la discesa in prospettiva delle quote azionarie dei comuni di Milano e Brescia sotto il 50%.

Il matrimonio tra A2A e Lgh è un’operazione che farà da apripista ad altre aggregazioni simili nel panorama delle utility italiane. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia benedice (dalle colonne del Sole24Ore) l’operazione che ha fatto tanto discutere la politica cremonese, costata, per inciso, il divorzio tra Rifondazione Comunista e SEl, e l’uscita di Prc dalla maggioranza. Nell’intervista, Pisapia parla a lungo della partnership tra la multiutilty di Milano e Brescia e Lgh, dichiarando di essersi impegnato personalmente a far sì che l’operazione andasse in porto: «È stata un’aggregazione complessa – afferma nell’intervista –  su cui ha lavorato molto bene il management di A2A ma anche il Comune. Sono intervenuto personalmente, confrontandomi con i miei colleghi sindaci azionisti di Lgh, per rassicurarli sulla qualità dei servizi offerti da A2A», osserva. Ora, secondo Pisapia, «molte altre società, piccole o medie, supereranno i dubbi residui: credo che sia ormai evidente come per molte di loro, senza know how e capacità d’investimento rilevanti, sarà quasi impossibile sostenersi da sole». Le nuove possibili aree di espansione? «Penso a Como e Monza con Acsm-Agam, ma anche alla Brianza con Gelsia». Più lontana, invece, l’aggregazione con la piemontese Iren.

Le parole di Pisapia confermano anche quello che per Rifondazione sono le ripercussioni più temibili dell’operazione, nel medio – lungo periodo, ossia la graduale uscita di scena della mano pubblica dal governo dei servizi pubblici  locali: “La soglia del 51% in A2A non è più un tabù: le aziende quotate si controllano anche col 30%», afferma il sindaco di Milano, aggiungendo che «prima o poi, per dare alla società ulteriori risorse necessarie alla crescita, servirà un aumento di capitale e i Comuni scenderanno sotto l’attuale 50%. Mi sembra un’evoluzione fisiologica dell’assetto societario e sicuramente preferibile rispetto a un’ulteriore cessione di quote sul mercato. Certo, se poi quella quota andasse a un investitore istituzionale pubblico, per esempio Cdp, sarebbe ancora meglio». Il sindaco in quota Sel di Milano contraddice proprio una delle motivazioni (la maggioranza di A2A in mano ai comuni di Brescia e Milano) che avevano fatto propendere Sel Cremona per il sì all’operazione. Affermazioni come questa sarebbero tra le cause, secondo l’agenzia Reuters, della caduta del titolo A2A in Borsa, sceso del 2,32% il giorno successivo all’uscita dell’intervista, il 25 gennaio.

Non si parla di inceneritore nell’intervista, ma su quel versante ci ha pensato il sindaco di Brescia Emilio Delbono, Pd, a gettare scompiglio nel centrosinistra, auspicando, a mezzo stampa, che il termocombustore di Cremona non chiuda in modo tale da non dover implementare i carichi dell’impianto di Brescia, una volta che i rifiuti di altre parti d’Italia arriveranno in Lombardia per lo smaltimento in seguito allo Sblocca Italia.

Entro fine mese è prevista la formalizzazione degli accordi finanziari – industriali tra le due società, o almeno di una parte di essi.

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