Provincia: verso il declino demografico, i più giovani sono gli stranieri
In provincia di Cremona siamo sempre più longevi e meno giovani. Solo i flussi migratori degli stranieri controbilanciano il lento scivolone della popolazione verso una società più vecchia e meno autosufficiente.
di Stefano Zaninelli
L’arrivo di stranieri sul territorio italiano è uno dei temi più dibattuti del 2015. A livello mediatico ha permesso di approfondire una gran quantità di argomenti: dalle politiche di immigrazione alla libertà di culto, passando dal welfare, dalla multiculturalità e dai rischi del fondamentalismo religioso. Lo stesso vale per la provincia di Cremona, che ha dovuto fronteggiare l’emergenza migranti e continua a discutere della realizzazione di un luogo di culto islamico a Crema. Rimane tuttavia senza risposte la questione demografica, di cui raramente – almeno in provincia – si è discusso negli ultimi anni: quali sono gli effetti demografici dell’immigrazione in provincia di Cremona?
CHI SONO GLI IMMIGRATI
In provincia di Cremona esiste una grande varietà di nazionalità. Secondo gli ultimi dati disponibili (2014) gli stranieri residenti – quindi regolari, pari all’11% delle popolazione totale – provengono da oltre 25 stati in tutto il mondo. La maggiore concentrazione è quella dei rumeni, che rappresentano circa un cittadino straniero su quattro (26%). Seguono, con 9 punti percentuali di differenza, gli immigrati dall’India (17%) e dal Marocco (11%). In abito distrettuale, è il Cremonese ad accogliere la maggior percentuale di stranieri residenti (48%), seguito dal Cremasco (38%) e infine Casalasco (14%). A livello comunale, gli stranieri con nazionalità rumena sono i più presenti a Cremona (4186) e a Crema (799); a Casalmaggiore prevalgono gli stranieri ghanesi (540).
Ciò che risulta evidente dalle statistiche è che la popolazione della provincia di Cremona è sempre più vecchia. Il grafico qui sopra riporta la cosiddetta piramide delle età, ovvero la distribuzione delle fasce anagrafiche in base alla loro consistenza. Può assumere tre forme: a triangolo, a rombo e a triangolo rovesciato. Nel primo caso denota una popolazione giovane in fase di sviluppo; nel secondo caso rappresenta una popolazione stabile, in cui il numero di anziani e bambini si bilanciano; nel terzo caso esprime il declino di una popolazione, con molti anziani e pochissimi nuovi nati. La provincia di Cremona rientra nel secondo caso, ma presenta elementi di criticità. Come segnala il rapporto sulla popolazione del 2014, in provincia l’indice di vecchiaia è pari a 174,04, ovvero ogni 100 bambini tra 0 e 14 anni ci sono 170 anziani dai 65 anni in su. Inoltre, sempre su un campione di 100 persone, 57 sono inattive, ovvero economicamente non autosufficienti, fuori dal mercato del lavoro. Più la popolazione invecchia meno saranno le persone in grado di sostenersi da sé, con un effetto non trascurabile sulla spesa sociale.
A frenare l’effetto valanga dell’invecchiamento intervengono le nuove generazioni di stranieri. La struttura demografica della popolazione di immigrati è più giovane di quella provinciale. Questo fatto, com’è possibile osservare nel grafico, è ancora più evidente nel confronto tra le femmine straniere e quelle italiane. Circa una donna italiana su cinque (22,83%) ha tra i 40 e i 55 anni, mentre per quanto riguarda le straniere, una donna su tre (35,5%) ha tra i 25 e i 39 anni. La differenza tra italiane e straniere in provincia è ancora più evidente nel confronto tra i tassi di fecondità – numero medio di figli per donna – e l’età media delle partorienti: nel 2014, il numero medio di figli per le donne italiane era pari a 1,22, mentre per le straniere era 2,19; nel primo caso, l’età media delle partorienti era di 32 anni, nel secondo 28.
QUALCHE DATO
In provincia di Cremona siamo sempre più longevi e meno giovani. Cresce l’aspettativa di vita – e con essa l’età pensionabile – ma continuano a diminuire gli indici di fecondità (da 1,53 nel 2008 a 1,41 nel 2014) e il numero di matrimoni contratti (1373 nel 2007, 943 nel 2014). Inoltre, dal 2005 ad oggi è cresciuto del 9% il numero di figli nati fuori dal matrimonio (passato dal 17,98% del 2005 al 26,93% del 2014). Solo i flussi migratori degli stranieri (qui sotto l’elenco per Comune) controbilanciano il lento scivolone della popolazione provinciale verso una società più vecchia e sempre meno in grado di sostenersi da sé. Tutte queste statistiche suggeriscono l’urgenza di una seria riflessione, non solo rispetto alle politiche di welfare ma anche alle quelle famigliari e del lavoro. Che il 2016 possa essere l’anno buono?