Padania Acque, tutta in salita la nomina del nuovo Cda
I partiti non danno grande prova di sé nell'assemblea che doveva decidere il Cda della nuova società nata dalla fusione di patrimoniale e gestionale. E il Pd si divide tra cremaschi e cremonesi sulla richiesta del capoluogo di nominare un consigliere di Cremona città.
Impasse sulla strada nel rinnovo vertici di Padania Acque Spa, la società unica provinciale per il ciclo idrico, nata dall’incorporazione della gestionale nella patrimoniale. L’assemblea non è riuscita ad individuare la cinquina che dovrà prendere il posto del Cda ‘transitorio’ in carica da cinque mesi circa. Tutto rimandato alla prossima settimana, quando i due maggiori partiti (Pd e Forza Italia) avranno trovato la quadra sui nomi da indicare. Cosa che non è avvenuta il 1 dicembre, nonostante la scadenza fosse arcinota e considerata un passo necessario per dare piena operatività alla società che gestisce il ciclo idrico in 115 comuni della provincia. Dieci giorni, dunque, per individuare chi, oltre al presidente Alessandro Lanfranchi (Pd) dovrà traghettare la società verso l’ambizioso piano di investimenti previsto nel Piano d’Ambito. Mentre per l’incarico presidenziale il Pd è univoco nella scelta di Lanfranchi, i problemi sorgono per gli altri componenti del cda per questioni di rappresentanza territoriale. Il cremasco – sembra pacifico – sarà rappresentato da Lucia Baroni di Montodine; ma l’area cremonese del Pd ha chiesto di inserire un terzo nome, per dare maggior peso al capoluogo, anche in prospettiva. E’ stato proposto il nome di Francesca Pontiggia, membro della segreteria provinciale, consigliere comunale e presidente commissione ambiente, finora nello staff del presidente della Provincia Vezzini (ma a giorni prenderà servizio nel comune di Monticelli in seguito a mobilità). Soprattutto, Pontiggia è stata tra le animatrici del movimento di base a favore dell’acqua pubblica all’epoca del referendum. All’interno dello stesso Pd però si teme che la presenza di un secondo membro di area cremonese (oltre a Lanfranchi, già sindaco di Ostiano, rappresentativo di tutto il comprensorio cremonese – casalasco) nel Cda posa creare attriti con l’area cremasca. C’è inoltre un’altra forte componente di sindaci, quelli dell’area Civica (in buona parte Pd o ex Pd), che portano avanti un altro nome, quello di Giovanni Biondi, già presidente dell’Ato cremonese. L’intervento polemico in assemblea di Roberto Mariani, sindaco ‘civico’ di Stagno, ex Pd in rotta con l’attuale segreteria, andava appunto in questa direzione.
A QUESTO PROPOSITO, lo stesso MARIANI precisa: “Da parte mia, nel mio intervento non è uscito alcun nome ma il mio intervento è stato in riferimento al fallimento della politica su questo tema di nomina del Cda, fallimento a 360° senza distinzione.
Basta andare a consultare l’esito del voto circa il rinvio di nomina del Cda che ha visto il mio voto contrario assieme alla sola collega di Vescovato, mentre gli altri “civici” si sono astenuti”.
Complicazioni anche nel centrodestra. L’attuale vice di Lanfranchi, Stefano Busi, ora facente funzioni di presidente, era stato nominato a suo tempo dall’area Ncd (dall’allora presidente della Provincia Salini), ma si è schierato con il centrosinistra nello scontro con Barbati (ex presidente della gestionale, sostenuto da Forza Italia). Difficile che Forza Italia, che detiene la maggioranza dei sindaci di centrodestra in provincia, voglia sostenerlo. Un’alternativa di centrodestra comunque non è emersa, a parte Flavio Rastelli da parte della Lega, partito che sulla questione dell’acqua è da sempre sulle posizioni del centrosinistra. Forza Italia potrebbe anche decidere di astenersi dall’indicare uno dei due componenti di minoranza che le spetterebbero, una sorta di Aventino dopo la sconfitta sul fronte dell’unificazione delle due società dell’idrico.
Insomma, un rinvio che va bene a tutti, quello deciso il 1 dicembre, ma che non fa fare una gran figura ai partiti in generale. Da qui alla prossima settimana sembra che sarà il presidente della Provincia Vezzini a tirare le fila, in quanto ente rappresentativo degli equilibri politici del territorio.
Terminato il risiko del Cda, si aprirà poi quello della nomina del direttore generale, questa sì figura determinante nelle scelte di una società che deve gestire investimenti milionari per i prossimi vent’anni.