Cronaca

Bonazzoli alla sbarra: 'Ho ucciso Gobbi perché mi terrorizzava'

di Simone Arrighi

VIADANA – Un debito di 150mila euro in gioielli ed orologi che non era più in grado di estinguere perché incapace di restituire i preziosi dopo essersi giocato tutto alle slot machine. La paura per quello che il cognato avrebbe potuto fargli. Il tutto avrebbe portato Luciano Bonazzoli a commettere, il 4 dicembre del 2014, l’efferato omicidio del fratello di sua moglie, Giogio Gobbi, 43enne imprenditore di Cicognolo originario di Rivarolo Mantovano. Questo quanto emerso in Tribunale a Mantova dalla prima udienza sul delitto Gobbi, che scosse l’inverno scorso: un’uccisione avvenuta all’interno dell’azienda Luma srl di Viadana, che nulla aveva a che fare con le motivazioni che hanno spinto il 48enne Luciano Bonazzoli a divenire un assassino.

Lo stesso indagato ha dichiarato in aula di essere stato terrorizzato da Gobbi, che avrebbe avuto contatti in ambienti mafiosi tali da impaurire ulteriormente colui che divenne il suo giustiziere. Alla sbarra anche i 50enni Roberto Infante, che avrebbe aiutato Bonazzoli, ed Edo Dolci, imprenditore di Marmirolo colpevole di aver tentato di far sparire l’arma del reato (un fucile da caccia a doppietta) ritrovato nel canale Diversivo in quel di Soave. Solo Infante ha deciso, tramite il suo legale, di essere processato con rito ordinario. Dolci e Bonazzoli hanno chiesto invece il rito abbreviato. Il primo dicembre prossimo si terrà la seconda udienza, a quasi un anno dal delitto.

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