Terrorismo: il procuratore: 'Cremona città delicata, attenzione a chi è stato silente per anni'
“Indubbiamente la situazione è molto calda, la risposta va data con l’intelligence, una certa prudenza, il colloquio e la diplomazia, non con le bombe”. E “Cremona è un posto molto delicato”. E’ l’analisi sulla situazione terrorismo nel nostro paese, e in particolare a Cremona, tracciata dal procuratore capo Roberto di Martino.
di Sara Pizzorni
“Indubbiamente la situazione è molto calda, la risposta va data con l’intelligence, una certa prudenza, il colloquio e la diplomazia, non con le bombe”. E “Cremona è un posto molto delicato”. E’ l’analisi sulla situazione terrorismo nel nostro paese, e in particolare a Cremona, tracciata dal procuratore capo Roberto di Martino, la cui inchiesta sulla cellula islamica di Cremona era sfociata, nove anni fa, nelle prime condanne a livello nazionale.
Per il procuratore, Cremona “è un posto molto delicato”, una città dove vivono ancora familiari e conoscenti di quel gruppo che era stato condannato. “Anche persone che all’epoca facevano parte di quell’entourage”. Quindi “il rischio rimane, non solo a Cremona, ma anche a Crema, dove c’era una situazione abbastanza allarmante”. Attenzione, per il procuratore, va rivolta verso “chi è stato silente per tanti anni e che ora sale sulle ali di nuovi entusiasmi”. Il capo della procura ha citato anche quanto accaduto lo scorso marzo in occasione dell’incursione sul web nel segno dell’Isis. L’home page del sito internet della Fiera di Cremona era stata sabotata e fatta svanire, sostituita da una bandiera nera con alcune scritte in arabo e due in inglese: ‘Sotto attacco dello Stato islamico’ e ‘Siamo ovunque’. “Molti dicono che quell’oscuramento sia stato casuale”, ha detto di Martino, che però ha rilanciato: “Ma chi lo sa se poi se era così casuale, e come mai è successo proprio a Cremona?”. Per il procuratore, “nel capoluogo ci sono persone di interesse, ci sono ancora oggi, anche diverse dai gruppi di un tempo. Spesso si riesce a convergere attenzione su una persona mettendo assieme una pluralità di fatti anche lontani nel tempo, e anche a Cremona ci sono alcune persone che mettendo assieme alcuni episodi anche nell’arco di dieci anni dimostrano di essere di interesse. All’epoca c’erano molti collegamenti con il Belgio, abbiamo avuto parecchi imputati in comune, i belgi non scherzano”. “Mi ricordo”, ha spiegato il procuratore, “che erano state programmate anche azioni di intelligence che avevano portato a dei risultati. Con gli spagnoli, ad esempio, si è cercato di ottenere qualcosa, mentre i francesi li ho visti poco, non mi ricordo una grande partecipazione, ognuno vuole tenersi le sue cose, mentre invece tutti i momenti di collaborazione possono essere utili per contrastare fenomeni di questo genere”. Anche nel nostro territorio, dunque, resta “un alto livello di pericolo”.
A livello generale, “molte di queste stragi”, ha detto il procuratore, riferendosi agli ultimi attentati di Parigi, “diversamente da quelle dell’11 settembre, che erano certamente organizzate, sono anche iniziative di gruppi che magari si autoproclamano. Certo, i morti sono uguali, il danno è lo stesso, ma bisogna fare attenzione: molti gruppi si autoproclamano come ingaggiati dall’Isis, però magari può anche accadere che siano fatti spontanei che poi l’Isis sottoscrive”. Per il procuratore, “la preoccupazione principale dovrebbe essere quella di verificare se ci sia veramente un legame tra coloro che risultano responsabili dell’Isis e questi gruppuscoli. Chiaro che la situazione è tale, con la crisi che c’è, con mancanza di mezzi, persone che muoiono di fame, periferie, ghetti, che oggi ancora di più di un tempo è favorito il malcontento e di conseguenza la conversione verso forme di questo genere”. Per il procuratore di Martino “è necessario un imponente esame scientifico di questi fenomeni per vedere come effettivamente debbano essere inquadrati”. “C’è sempre il pericolo di iniziative spontanee”, ha aggiunto il capo della procura di Cremona: “bisogna tener conto che le persone che hanno operato in Francia per buona parte erano francesi, non è un particolare indifferente”. Il procuratore ha detto di non essere d’accordo “sul fatto di gettare bombe. Non è la cosa più intelligente perché non si può pensare di ottenere dei risultati, anzi, si rischiano nuovi attentati. Fortunatamente da noi le cose sono sempre state vagliate con prudenza, i nostri servizi di intelligence sono i migliori, l’ho sempre creduto, e quindi effettivamente penso che in Italia ci sia un pericolo minore, anche se il livello di attenzione resta alto, perché basta un niente e queste iniziative sono quasi impossibili da arginare quando uno mette in conto di dover morire nell’azione”. La chiave, per il procuratore, “è nell’intelligence, in una certa prudenza, nel colloquio e nella diplomazia”.