Cronaca

35 anni fa il terremoto in Irpinia Il paese di S.Michele ricostruito grazie a Cremona

Tutta la provincia di Cremona si mobilitò per portare aiuto materiale e finanziario al piccolo comune di San Michele Serino: Caritas, enti locali, privati, associazioni di volontariato. 500 milioni di lire in offerte, più di duecento volontari a curare e aggiustare case, strade, a riportare l’acqua, a riaprire le scuole. Oggi la strada principale del paese porta il nome di Cremona.

Domenica 23 novembre 1980, ore 19,34. Una scossa tremenda lunghissima della durata di un minuto e mezzo. Esattamente trentacinque anni fa. Era il terremoto in Irpinia. Scosse fortissime sussultorie inizialmente e poi ondulatorie fecero danni immensi tra la Campania centrale e la Basilicata. Furono colpite otto province: 506 paesi su 679. Un disastro: centomila case danneggiate, 280mila sfollati, 2914 morti, 9000 feriti. Sant’Angelo dei Lombardi, Conza, Lioni, Teora, Calabritto, Torella: tutti nomi che fino ad allora erano sconosciuti a noi italiani. Col passare dei giorni, trentacinque anni fa, quei nomi ci sono diventati purtroppo familiari per le immagini di morte e distruzione che i telegiornali e i reportage dei quotidiani portavano nelle nostre case.

san-michele-dentro1Gli aiuti arrivarono con grande ritardo e con grande confusione di ordini e di mezzi. Il presidente Sandro Pertini, in una edizione straordinaria del Tg2, attaccò duramente la lentezza degli aiuti: «Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi».
Il lungo e interminabile rosario dei nomi del dolore veniva ripetuto ad ogni bollettino televisivo. Morte, distruzione, abbandono. A noi cremonesi divenne familiare in quei giorni un nome: San Michele di Serino, un paesino talmente piccolo che neanche si riusciva a trovarlo sulle carte geografiche.

san-michele-dentro2Milleottocento abitanti, duemila emigrati all’estero, 25 morti nel terremoto, buona parte del paese distrutto, quaranta miliardi di danni. Con una concordia e una unità d’azione mai più riscontrata successivamente, tutta la nostra provincia si mobilitò adottando quel paese dell’Irpinia. La Caritas, enti locali, privati, associazioni di volontariato: tutti si mossero per San Michele di Serino. Tra la nostra provincia e San Michele si creò un asse della solidarietà concreta: 500 milioni di lire in offerte, più di duecento volontari a curare, ad aggiustare case, strade, a riportare l’acqua, a riaprire le scuole. Ed ancora aiuti, roulottes, tende. Tecnici, professionisti, operai, maestri e preti. Un esercito di buona volontà partito dalle rive del Po per curare le ferite del paese di San Michele ma anche per dare sollievo all’anima.
Oggi è ancora tangibile il segno della solidarietà di Cremona: via Cremona è la strada principale del paese (dove si affacciano le scuole nuove costruite con l’aiuto della nostra gente), c’è un villaggio Cremona prefabbricato, c’è anche il centro comunitario Sant’Omobono, tenuto aperto da volontari e sacerdoti cremonesi per sette anni secondo il volere del vescovo Fiorino Tagliaferri.
Oggi il paese è rinato. Grazie anche a Cremona e ai cremonesi.

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