Caso Sapienza, errore nella manovra di intubazione o ci fu altra causa?
Il 20enne cremonese Riccardo Sapienza morì per un errore nella manovra di intubazione, durante la quale, per la procura, al paziente sarebbe stata lacerata la trachea, o ci fu un’altra causa ? E’ questa la domanda fondamentale che si sta cercando di capire nel processo per omicidio colposo di cui è accusato Valerio Schinetti, l’anestesista dell’ospedale di Manerbio che per il pm Fabio Saponara sarebbe responsabile della morte del ragazzo, deceduto il 23 luglio del 2013 per arresto cardiaco nella sala operatoria dell’ospedale di Cremona poco prima di essere sottoposto ad un intervento di pneumotorace spontaneo resosi necessario per una recidiva.
LE TESTIMONIANZE
Oggi, davanti al giudice Christian Colombo, sono sfilati i primi testimoni dell’accusa: i due chirurghi toracici che avrebbero dovuto operare il paziente, e le due nurse di sala assistenti dell’imputato. A ripercorrere cosa accadde in sala operatoria è stato il primo chirurgo Franco Fumagalli, che per prima cosa ha spiegato che a Riccardo, che soffriva di un pneumotorace sinistro recidivo (fuoriuscita di aria da un polmone), era stato consigliato l’intervento chirurgico. Riccardo aveva avuto due ricoveri, e le sue condizioni cliniche, come ha spiegato il medico, erano buone. “I parametri erano nella norma”. Sempre da quanto riferito dal primo chirurgo, il giorno dell’operazione nella sala operatoria c’erano i due chirurghi (lo stesso Fumagalli e il collega Valerio Ranieri), l’anestesista Schinetti, le strumentiste e le due nurse di anestesia. “A cominciare”, ha raccontato Fumagalli, “è stato l’anestesista con le manovre di intubazione del paziente, poi sono arrivato io. Abbiamo girato Riccardo sul fianco destro, dopodichè sono andato a lavarmi, mentre il mio collega Ranieri disinfettava la parte toracica”. Era stato proprio il dottor Ranieri, appena prima di iniziare l’operazione, a notare la presenza di un gonfiore al collo del paziente. “Non c’è stato il tempo di preparare il campo operatorio”, ha spiegato Fumagalli, “in quanto in quel momento c’è stato un forte rallentamento del ritmo del cuore e dopo pochi secondi c’è stato l’arresto cardiaco. A quel punto abbiamo girato il paziente in posizione supina e abbiamo iniziato la rianimazione cardiopolmonare”. “Di soluzioni chirurgiche”, ha spiegato il teste, “non ce n’erano più, e abbiamo lasciato spazio ai rianimatori che hanno defibrillato il paziente più volte”. Chi praticò le manovre rianimatorie a Riccardo ? Fumagalli ha citato il primario di Anestesia di Cremona Giorgio Danelli, nel frattempo arrivato in sala operatoria. “Ricordo poi Ranieri e le due nurse, mentre di Schinetti non ricordo, non ci ho fatto caso”. Nella sua testimonianza, Fumagalli ha riferito che in seguito all’arresto respiratorio di Riccardo, in sala operatoria ci fu un grande via vai di persone: “era una situazione difficile. Poi sono arrivati i cardiologi, ma nemmeno loro sono riusciti a risolvere il problema e il paziente è stato portato in rianimazione”. Un problema causato dalla manovra di intubazione ? A questa domanda il teste non ha potuto rispondere: “Non ho competenze specifiche”, ha detto Fumagalli, “per poter giudicare l’operato dell’anestesista”.
Durante il processo, il pm Saponara ha molto insistito sulla presunta assenza di Schinetti sia nel momento in cui era suonato l’allarme del respiratore, sia durante le fasi di rianimazione, manovra che, è stato spiegato in aula, è stata effettuata senza mai staccare il tubo a Riccardo. Di queste presunte assenze è stato chiesto conto anche alle due nurse di sala, Arianna e Orietta, che avevano il compito di assistere l’imputato.
“Manovra di intubazione regolare”, secondo Arianna; “intubazione da manuale”, per Orietta. Tutto normale, per le due testimoni, fino a quando è suonato l’allarme del respiratore: “ho alzato gli occhi e ho visto che Schinetti non era in sala”, ha riferito Arianna, “così ho chiesto alla mia collega di andarlo a chiamare e quando è arrivato è rimasto un po’ stranito. Poi è arrivato il dottor Danelli e sono iniziate le manovre di rianimazione che sono durate ore”. “Ci si è alternati”, ha ricordato Arianna, che ha aggiunto di non aver più visto l’imputato. “C’era il primario di Anestesia Danelli che ha coordinato tutto”.
Era stata Orietta ad andare a chiamare Schinetti: “dopo qualche minuto che il paziente era sul fianco”, ha ricordato la teste, “l’allarme del respiratore ha iniziato a suonare. Schinetti era a una decina di metri di distanza. Si trovava in una stanza con postazione computer di fronte alla sala operatoria. L’ho chiamato e lui è tornato in sala. Abbiamo spostato il paziente per metterlo supino, poi è arrivato il primario che ha preso in mano la situazione e ha coordinato la rianimazione. Schinetti era scioccato, non ricordo di averlo visto fare alcuna manovra rianimatoria”.
Durante l’udienza è stato sentito anche il secondo chirurgo Valerio Ranieri che ha confermato la versione del collega Fumagalli. “Quando sono entrato”, ha spiegato, “il malato era già intubato. Sono andato a lavarmi le mani perché eravamo pronti ad iniziare l’intervento. Fumagalli si stava accertando che il paziente fosse posizionato correttamente e io l’ho disinfettato. A quel punto ho notato che il viso del paziente era gonfio. L’anestesista, che era fuori dalla sala operatoria, è stato richiamato e abbiamo visto che Riccardo aveva un enfisema sottocutaneo. Ci siamo allarmati: i segni vitali hanno cominciato a peggiorare fino all’arresto cardiaco. Il paziente è stato girato e sono iniziate le manovre di rianimazione che sono andate avanti per tanto tempo, ma non c’è più stato polso”. Anche Ranieri ha detto di non ricordarsi la presenza di Schinetti dal momento dell’arresto cardiaco in poi: “L’ho perso di vista perché in quel momento avevo altro a cui pensare”.
La prossima udienza, per sentire gli ultimi testi del pm e i primi della parte civile, è stata fissata al prossimo 25 gennaio. Nel processo, la famiglia di Riccardo Sapienza si è costituita parte civile attraverso gli avvocati Jolanda Tasca e Gabriele Fornasari, mentre la difesa dell’imputato è rappresentata dall’avvocato Stefano Forzani, che oggi si è presentato con il suo consulente, il primario di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Manerbio Benvenuto Antonini.
Sara Pizzorni
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