Cultura

Tre Stradivari in concerto al Museo del Violino con lo StradivariEnsemble

Tre Stradivari – un violino, una viola e un violoncello – sono affidati ad altrettanti giovani musicisti capaci di trarre da questi capolavori perfetti l’altezza e la profondità delle emozioni che la musica riesce a esprimere: Sebastian Bohren, Lech Antonio Uszynski e Maja Weber formano, insieme al contrabbassista Davide Vittone e al pianista Per Lundberg, lo STRADIVARIensemble. La formazione cameristica, ospite del network friends of Stradivari, mercoledì 30 settembre, alle 21, salirà sul palcoscenico dell’Auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino.

Il concerto è promosso in collaborazione con l’Associazione Piero Farulli ed è la prima di una serie di azioni sinergiche. Nell’intento di incentivare l’attitudine al fare musica d’insieme fin dalla più tenera età e promuovere la cultura del quartetto d’archi nelle giovani generazioni, l’Associazione, in collaborazione con le istituzioni locali e sotto la direzione artistica del Quartetto di Cremona, sviluppa a partire dal 2016 il Workshop e Concorso Internazionale Piero Farulli per giovanissimi Quartetti d’archi.

In occasione del Concorso, il Museo del Violino ospiterà una sala dedicata al materiale appartenuto al Maestro Farulli, indimenticabile viola del Quartetto Italiano e fondatore della Scuola di Musica di Fiesole. La sua attività artistica e didattica ha interagito con tutti i più grandi protagonisti della musica internazionale e questo materiale rappresenta una testimonianza straordinaria della sua opera e del suo tempo.

Il programma musicale di mercoledì sera alterna Schubert e Chopin, quasi in un passaggio di testimone tra due grandi protagonisti del primo Romanticismo.

“La musica di Schubert fa venire le lacrime agli occhi prima ancora che l’anima ne sia toccata: tanto è schietta e concreta. Piangiamo senza sapere perché; il motivo è che non siamo ancora così come quella musica promette e proviamo l’innominabile felicità che essa sia così per poterci assicurare che un giorno anche noi lo saremo”. Così Adorno ha mirabilmente sintetizzato i caratteri e gli effetti della musica di Franz Schubert. Un’arte schietta, concreta eppure mirabilmente profetica.

In un unico movimento, adagio, il Trio in mi bemolle maggiore op.148, D.897 è, nelle sue divagazioni, espressione fantasiosamente libera, aperta da una introduzione di forte tensione espressiva innervata da un tema ascendente degli archi sostenuto da misteriosi accordi arpeggiati del pianoforte. Il quadro semantico campisce, almeno in ottica romantica, una atmosfera notturna. Con modulazione improvvisa, secondo quel modo di creare associazioni lontane che è tipico di Schubert, si sviluppa un intermezzo di carattere solenne, nettamente stagliato nella sonorità fortissimo ma nel finale i tre strumenti riescono a contravvenire questo rigore dissolvendo la chiara positività della sezione centrale con accorte e inattese modulazioni.

Nel Quintetto op. 114 Forellen-quintett (La Trota) il pianoforte non si aggiunge al tradizionale quartetto d’archi, ma a violino, viola, violoncello e contrabbasso, introdotto per rinforzare il “peso” degli archi nell’insieme ed affrancare il violoncello dal ruolo di “basso”, lasciandogli la possibilità d’intervento melodico-solistico.

L’insolito organico permette una scrittura di impatto immediato, una musica freschissima per invenzione che svola leggera dalla melodia dell’Allegro vivace iniziale declinata da violino e violoncello sino all’Allegro giusto conclusivo, passando per il fantasioso Andante che funge da intermezzo, per il movimentato Scherzo e, naturalmente, anche per il Tema con cinque variazioni che precede il finale.

Una vena malinconica percorre la Sonata in sol minore op. 65, nata  dallo stretto rapporto di amicizia di Chopin con il violoncellista August-Joseph Franchomme con il quale tenne l’ultimo concerto a Parigi il 16 febbraio 1848. La Sonata è in un certo senso un omaggio ad una forma musicale settecentesca che vede il pianoforte accompagnato da un altro strumento. Chopin afferma sempre la sua personalità pianistica, tanto che nell’Allegro moderato del primo tempo la ricchezza della scrittura e il predominio del pianoforte sono particolarmente evidenti. Più equilibrati nel rapporto e nel dialogo concertante fra i due strumenti il brillante Scherzo e il nostalgico e conciso Largo, mentre nel Finale il pianoforte torna ad essere protagonista, impegnato in passaggi vigorosi e tecnicamente impervi.

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