Caso Sapienza: trachea lacerata, tre ore di rianimazione
Primo testimone nel processo per omicidio colposo di cui è accusato Valerio Schinetti, l’anestesista dell’ospedale di Manerbio che per la procura sarebbe responsabile della morte di Riccardo Sapienza. Il giovane cremonese di 20 anni era deceduto il 23 luglio del 2013 per arresto cardiaco nella sala operatoria dell’ospedale di Cremona poco prima di essere sottoposto ad un intervento di pneumotorace spontaneo resosi necessario per una recidiva.
Davanti al giudice Christian Colombo ha parlato il sostituto commissario della squadra mobile di Cremona Gianluca Epicoco, che ha spiegato di aver acquisto la cartella clinica su delega di indagine da parte della procura nel gennaio del 2014, di averla studiata e di aver sentito i testimoni.
Epicoco ha riferito che quel 23 luglio del 2013 nella sala operatoria numero 7 erano presenti due chirurghi, l’imputato, anestesista in servizio presso l’ospedale di Manerbio, due infermiere professioniste di anestesia e due strumentiste. In quei giorni c’era una collaborazione tra l’ospedale di Manerbio e quello Cremona dove arrivavano anestesisti dal nosocomio bresciano.
Il paziente, secondo quanto riportato in cartella clinica, era entrato in sala operatoria alle 8,05 per la fase di preparazione che era durata fino alle 10,05, quando al paziente era stata praticata la manovra di intubazione. Successivamente Riccardo era stato girato sul fianco destro, e a quel punto i medici si erano accorti che si stava gonfiando sul collo. Secondo la procura, durante la manovra di intubazione, al paziente sarebbe stata lacerata la trachea. Al giovane sarebbe sopraggiunto un enfisema che, premendo sul cuore, gli avrebbe provocato un arresto cardiaco. “In quei momenti concitati”, come ha riferito il sostituto commissario Epicoco, “in sala operatoria erano entrati anche il primario del reparto di Anestesia, due cardiologi e un aiuto chirurgo”. Per tre ore a Riccardo erano state praticate manovre di rianimazione, ma non c’era stato nulla da fare. Alle 13,55 il giovane era stato trasferito in Terapia intensiva, e alle 14,28 ne era stato dichiarato il decesso.
All’inizio dell’udienza, prima di sentire il testimone, il giudice ha rigettato entrambe le eccezioni sollevate nell’udienza del 22 giugno scorso dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Stefano Forzani. Il legale aveva chiesto la nullità dell’esame autoptico e la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, lamentando il fatto, nel primo caso, che l’autopsia fosse stata effettuata senza la presenza di un consulente di parte. L’altra questione, invece, riguardava la richiesta di incidente probatorio per l’esame dell’aiuto infermiera e dell’infermiera di sala. Richiesta a suo tempo rigettata dal gip in quanto “le due testimoni erano irrilevanti e perché non esistevano ragioni di urgenza”. All’epoca, però, le due infermiere erano già state sentite dalla procura, violando in questo modo, secondo l’avvocato Forzani, le garanzie di difesa.
Nel processo, la famiglia di Riccardo Sapienza si è costituita parte civile attraverso gli avvocati Jolanda Tasca e Gabriele Fornasari.
La prossima udienza, per sentire i primi testi del pm Fabio Saponara, è stata fissata al prossimo 19 ottobre. La difesa, da parte sua, ha già chiesto l’esame dell’imputato.
Sara Pizzorni
© RIPRODUZIONE RISERVATA