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Leap. la bordata degli ambientalisti: 'Dati incongruenti e conflitto di interessi'

Lo studio Leap non dice il vero. A sollevare numerosi dubbi sono state le associazioni ambientaliste cremonesi (AmbienteScienze, Arci, Atuttocompost, CreaFuturo, Democratici per Cremona, Legambiente, Italia Nostra, Isde). Vi sarebbero, secondo gli esperti di tali associazioni, diverse incongruenze, “di tipo tecnico finanziaria, di tipo sanitaria e di tipo ambientale” spiega Benito Fiori (AmbienteScienze).

Ad approfondire l’aspetto economico finanziario ci pensano Dario Faccini e Francesco Casella, ingegneri ambientali, che sconfessano diverse parti dello studio. “Innanzitutto dicono che chiudere l’inceneritore ci imporrà di esportare 35mila tonnellate di rifiuti l’anno da qui al 2025: questo calcolo è però fatto senza considerare che il Comun ha avviato la differenziata spinta con lo scopo di portarla al 70%, cosa che porterà a ridurre il numero di rifiuti da incenerire, nel corso degli anni” spiega Casella. “Parlano poi di fare un nuovo inceneritore, grande due volte e mezzo quello attuale, in modo da avere un ritorno economico: potrebbe essere vero, se fossero realistiche le previsioni di costo – aggiunge Faccini -. Hanno preventivato di spendere 102 milioni per realizzare l’impianto, quando quello di Parma, più piccolo e costruito 10 anni fa, ne costò 195”.

Critiche anche alle conclusioni tratte sul Tmb (trattamento meccaninco biologico): “Vogliono farci credere che sia più costoso, mentre in realtà il Tmb costerebbe 105 euro a tonnellata, contro i 113 dell’incenerimento”.

Passando al tema del teleriscaldamento, che viene in parte alimentato proprio dall’inceneritore, emerge un altro dato che fa storcere il naso alle associazioni ambientaliste: “Secondo le tabelle dello studio, un nuovo inceneritore andrebbe a coprire praticamente tutto il fabbisogno termico nei mesi invernali, sei in tutto. In quelli estivi, invece, resterebbe spento in quanto si prevede che la produzione di calore sia garantita dalla centrale di cogenerazione” evidenzia Faccini.

“Ma allora mi chiedo: i rifiuti accumulati nei mesi estivi dove andrebbero? – rincara la dose Casella – . Si dovrebbe realizzare un’area di accumulo”. Mentre, per quanto riguarda il Tmb, “i dati forniti dallo studio Leap non risultano corrispondenti a quelli della realtà tecnologica-industriale attuale, che da anni in Italia è più competitiva e meno costosa”.

Ci sono poi le questioni ambientali e di salute, come spiega il presidente di Isde Cremona, Federico Balestreri: “L’idea di costruire un inceneritore doppio rispetto a quello attuale, implica il raddoppio anche degli inquinanti. E mi auguro di non sentire mai più dire che un inceneritore non nuoce alla salute, perché ciò è assolutamente falso. Al contrario, non esiste una tecnologia di smaltimento più sporca. Oltre alle sostanze cancerogene ben note, ci sono le microparticelle, Pm2,5 e Pm1, che a differenza delle Pm10 non si fermano alle prime vie respiratorie ma entrano direttamente nell’apparato cardiocircolatorio, come dimostrano tantissimi studi. Senza contare che costruire un nuovo impianto di incenerimento va contro a quelle che sono le direttive europee, che stabiliscono lo stop a discariche e inceneritori entro il 2020”.

Stoccata finale, proprio contro Consorzio Leap che, secondo le associazioni, si troverebbe in forte conflitto di interessi. Un consorzio che, in qualità di consulente, o come Mater, “fa parte non solo della scuola inceneritorista italiana ma anche del sistema economico e manageriale che gestisce gli inceneritori in Italia. Essa è infatti partecipata non olo dagli enti locali piacentini ma anche dalle grandi multiutility: A2A, Iren Ambiente, Unical (cementifici). In sostanza il consorzio è coinvolto in ben 17 inceneritori dei 46 funzionanti in Italia. E tra le aziende partner, c’è anche la stessa Lgh. Per non parlare dei cementifici: ricordiamo che in Italia una certa parte dei rifiuti finisce proprio nel cemento. Insomma, chiedere a Leap uno studio sull’inceneritore è come a chiedere all’Oste se è buono il suo vino”.

Dito puntato, quindi, contro Aem ed Lgh: “Le responsabilità più gravi sono dei dirigenti, che hanno commissionato e finanziato con denaro pubblico uno studio come questo” evidenziano le associazioni. “Sarebbe grave che per nascondere propri errori e sottovalutazioni la nuova amministrazione comunale di Cremona, che ha ereditato la pratica da quella precedente, facesse la fine della rana punta dallo scorpione”.

“La Giunta Galimberti è a un bivio – concludono le associazioni ambientaliste -: dalla parte dei cittadini e dei suoi impegni elettorali oppure ricattata da vincoli enfatizzati da chi vuole che nulla cambi. In questo quadro, la chiusura dell’inceneritore entro il 2018 è il minimo decente. Chi ha abbracciato velocemente la tesi del ‘non lo si può chiudere in 3 anni’ cosa vorrebbero fare? Lasciare che sia la prossima tornata amministrativa a prendere la decisione? La vera responsabilità sta nell’avviare il processo di dismissione, consapevoli che i tecnici possono fornire dei dati, ma è la politica a dover decidere. Questo processo potrebbe già essere avviato il prossimo autunno”.

Laura Bosio

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