Caso Protti: il baritono non partecipò ai rastrellamenti in Val di Susa
Il famoso baritono cremonese Aldo Protti non partecipò ai rastrellamenti in Val di Susa dove vennero trucidati anche partigiani cremonesi. A stabilirlo è una sentenza del giudice Guido Salvini che per un giornalista cremonese accusato di diffamazione dalla famiglia di Protti ha respinto la richiesta di archiviazione e ha ordinato la formulazione dell’imputazione in relazione a due articoli pubblicati nel maggio del 2011. Accolta, invece, la richiesta di archiviazione della procura per Deo Fogliazza, che doveva rispondere dello stesso reato per un articolo apparso sul suo blog l’8 giugno del 2011. Sotto accusa c’erano alcune frasi giudicate ingiuriose nei confronti del celeberrimo artista cremonese scomparso nel 1995, messo in relazione ai rastrellamenti in Val di Susa.
Sul piano storico, grazie alle indagini integrative ordinate dal giudice, è stato quindi possibile fare luce sull’episodio del col del Lys e sui fatti storici relativi alla presenza o meno del baritono nei rastrellamenti contro i partigiani. Gli approfondimenti si sono basati sull’audizione di Luciano Merluzzi, 87 anni, in servizio all’epoca nello stesso distaccamento della Gnr in cui militava Aldo Protti ad Avigliana a partire dal luglio del 1944; sull’acquisizione della relazione affidata dal sindaco, in previsione della decisione della Commissione Toponomastica di intitolare una via al baritono, al prof. Giovanni Borsella sulla figura di Aldo Protti contenente anche osservazioni relative ai suoi trascorsi di guerra; e sullo svolgimento di una specifica consulenza finalizzata a verificare il ruolo dei reparti della Gnr di stanza ad Avigliana all’operazione che si è conclusa con la strage del colle del Lys.
Alla luce di questi approfondimenti, per il giudice, “non vi è prova, anzi, può ritenersi escluso che Protti abbia partecipato all’operazione dell’1-2 luglio 1944 che si è conclusa con la strage del colle del Lys. In linea generale non vi è nemmeno prova che abbia partecipato personalmente e direttamente ad azioni di rastrellamento, anche se la Compagnia della Gnr di cui faceva parte, normalmente in servizio di ordine pubblico e di presidio, certamente è stata dislocata nel corso di alcune di queste operazioni all’imbocco della Val di Susa con funzioni di copertura e di appoggio alle forze tedesche e alle altre forze fasciste alla ricerca dei partigiani”. “Non risulta comunque”, prosegue il giudice, “che egli abbia commesso personalmente atti di violenza contro partigiani o civili in quel tragico contesto di guerra”.
Le indagini integrative:
“Luciano Merluzzi”, si legge nel provvedimento del gip, “ha narrato di essersi arruolato nel 1944 nella Guardia Nazionale Repubblicana che sotto il governo della Rsi aveva sostituito l’Arma dei carabinieri. Da Roma, dove risiedeva, era stato trasferito a Cremona dove aveva conosciuto il sergente Aldo Protti. Questi, benché aderente ad una forza militare della Rsi, entrato in confidenza con lui, aveva più volte espresso critiche nei confronti delle componenti più estremiste presenti a Cremona, quali le Brigate Nere di Farinacci. Entrambi erano stati trasferiti ad Avigliana a fare da presidio allo stabilimento della dinamite Nobel e alcune volte la scorta ai convogli ferroviari che portavano viveri e munizioni in Val di Susa. Il compito della Gnr, che è una forza militare e non una milizia politica come le Brigate Nere ed era aggregata alla Divisione alpina Monterosa, non era quello andare contro i partigiani e di fare rastrellamenti. Solo in un’occasione, dopo un attentato sulla linea Torino- Susa, il comando tedesco aveva chiesto il loro ausilio, ma anche in tale occasione non c’erano state violenze contro la popolazione civile. Del resto nei contatti con la popolazione, da cui Protti, anche come cantante, era benvoluto, egli aveva sempre mostrato rispetto e protezione sino anche a scontrarsi in alcune occasioni con la Polizei tedesca”.
Per quanto riguarda invece la relazione affidata dal sindaco al prof. Giovanni Borsella in occasione della ‘disputa’ toponomastica, “si rileva che sulla base della documentazione accessibile sino ad oggi ‘non esiste alcuna testimonianza affidabile ed univoca’ che Aldo Protti ‘abbia partecipato all’uccisione di partigiani cremonesi’ al colle del Lys e, pur ‘essendo continuati i rastrellamenti, le provocazioni con attentati terroristici e scontri armati fino al 28 aprile 1945’, il suo nome non compare tra coloro che hanno partecipato all’uccisione di partigiani o di persone ad essi aggregate. La relazione ricorda poi il già noto Foglio matricolare di Protti da cui risulta che egli sarebbe partito da Cremona con una ‘muta’ da guardia la sera del 1 luglio viaggiando di notte per motivi di sicurezza e arrivando a Torino la mattina del 2 luglio. Dal 10 luglio si sarebbe spostato ad Avigliana, all’imbocco della Val di Susa. Tali spostamenti escluderebbero che egli avesse potuto partecipare in qualsiasi forma all’azione iniziata tra l’1 e il 2 luglio e terminata con la strage del colle del Lys”.
Da parte sua, infine, la consulenza storica affidata dal pm al prof. Bruno Maida, del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, fornisce un quadro delle operazioni anti-partigiane condotte in val di Susa in esecuzione delle direttive del maresciallo Kesselring e finalizzate in particolare a proteggere la linea ferroviaria Torino-Modane di grande interesse strategico per l’occupante tedesco. “Secondo il consulente”, scrive il giudice, “è del tutto improbabile, in realtà da escludersi, la partecipazione di Aldo Protti a quel rastrellamento, considerando non solo che era partito per Torino l’1 luglio 1944, ma anche il fatto che la Compagnia 615 Ordine Publico della Gnr di cui faceva parte non risulta essere stata utilizzata in tale operazione”.
Le indagini integrative sono state completate anche con l’esame di un testo, secondo il giudice “molto utile e dettagliato”, intitolato ‘Sentire- pensare- volere: storia della Legione SS italiana’, di Sergio Corbatti e Marco Nava, pubblicato nel 2001 per le edizioni Ritter. “Si tratta”, scrive il magistrato, “di un testo dichiaratamente di parte in quanto esalta le scelte e le azioni militari delle SS italiane e dell’insieme delle forze nazi-fasciste. Ma proprio per questo è di grande interesse anche nel caso in esame, perché in oltre 400 pagine corredate da fotografie e da cartine descrive con attenzione quasi maniacale, tipica di quell’ambiente, ogni aspetto delle azioni militari anti-partigiane”. Dalle oltre 50 pagine dedicate alle operazioni in Piemonte a partire dalla metà del 1944 “si ricava quindi che nell’azione che si concluse con la strage del colle del Lys si scontrarono con i partigiani, in particolare a Favella, oltre alle SS italiane, vari reparti della Polizei tedesca appoggiati anche da legionari della Gnr appartenenti però a battaglioni ‘combattenti’ diversi da quello che comprendeva la compagnia di Aldo Protti, che peraltro con ogni probabilità quel giorno non era ancora giunto ad Avigliana”.
Le accuse di diffamazione:
Nel suo blog, Deo Fogliazza, difeso dall’avvocato Lapo Pasquetti, aveva criticato “con violenza” la scelta della Commissione Toponomastica del Comune di Cremona di intitolare una via a Protti, sostenendo che il baritono era partito il primo luglio del 1944 da Cremona alla volta di Torino e sino al 9 luglio ci sarebbe stato un ‘buco nero’ sui suoi movimenti, e questo in coincidenza con i giorni in cui erano avvenuti importanti rastrellamenti e si era consumata la strage del colle del Lys.
Per il giudice, “Fogliazza non accusa esplicitamente Protti di aver partecipato alla strage o a violenze durante rastrellamenti, ma ‘accosta’ la sua presenza a quello che era avvenuto in quei giorni nella valle, traendone argomenti per attaccare duramente la decisione del Consiglio comunale. Non vi sono offese dirette alla persona, e più che altro si legge l’espressione di un forte dissenso politico ed ideologico, certamente legato, sul piano personale, anche al ruolo ricoperto in quel periodo dal padre” (il riferimento è a “Kiro” Fogliazza, partigiano cremonese simbolo della Resistenza).
“Un provvedimento, quello del giudice, molto approfondito e molto ben costruito”, ha commentato l’avvocato Pasquetti. “Un provvedimento che rende atto del fatto che l’articolo di Fogliazza non aveva i requisiti della diffamazione, essendosi concentrato in una critica, seppure aspra, nei confronti del Comune che ha dedicato la via a Protti”.
Diversa, invece, la posizione dell’altro giornalista cremonese, difeso dall’avvocato Andrea Polara.
“Nell’articolo, che pur non contiene riferimenti alla strage del colle del Lys”, scrive il giudice Salvini, “ma solo genericamente a ‘rastrellamenti’, il ‘combattente fascista Aldo Protti’ è riportato alla categoria dei ‘delinquenti’, definito ‘un vigliacco che ha nascosto il suo passato’ e ‘una carogna di guerra’”. Per il giudice, si tratta di “una gratuita offesa all’uomo” e di frasi che travalicano “il limite della continenza che qualsiasi critica deve rispettare e che sono in più aggravate dalla diffusività del mezzo usato”.
“Una sentenza che stupisce”, ha riferito l’avvocato Polara, “in quanto dalla documentazione storica emerge l’esatto opposto”. Per quanto riguarda i toni, per il legale “sono giustificati dal taglio giornalistico e dall’interesse pubblico della vicenda, avente anche risvolti politici, così come aveva sostenuto nella prima richiesta di archiviazione anche il pm Roberto di Martino”. “Comunque affronteremo il giudizio”, ha concluso Polara.
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dal legale della famiglia di Aldo Protti, l’avvocato Alberto Bazzano, del foro di Torino. “Siamo contenti del provvedimento che riconosce l’estraneità di Protti a quella strage, cosa che del resto abbiamo sempre sostenuto”. Il legale si è augurato che anche in seguito alla decisione del giudice il Comune decida di ripristinare la targa a nome del baritono cremonese. “Oggi a maggior ragione la città di Cremona non può che essere orgogliosa di uno dei suoi figli più illustri”.
Sara Pizzorni
© RIPRODUZIONE RISERVATA