Calcioscommesse, nelle carte anche l'onestà dell'ex grigiorosso Serafini
Il pallone non è tutto da buttare: nella nuova inchiesta sul calcioscommesse coordinata dalla Dda di Catanzaro viene fuori l’esempio positivo di chi dimostra di avere la schiena dritta nonostante l’ambiente circostante, si tratta di Matteo Serafini, 37 anni, attaccante e oggi capitano della Pro Patria, cresciuto nelle giovanili della Cremonese e in forza alla prima squadra grigiorossa tra 1997 e 2001 in Serie C e Serie B. Dalle carte dell’inchiesta emerge un duro scontro negli spogliatoi della Pro Patria per l’andamento della squadra e attacchi di Serafini nei confronti di alcuni compagni colpevoli di prestazioni deludenti, se non addirittura sospette, tra cui figura anche chi è stato fermato martedì mattina nel blitz della polizia e deve oggi rispondere dell’accusa di aver manipolato partite, come Cremonese-Pro Patria del 15 dicembre 2014 finita 3-1 per la Cremo (nessun grigiorosso è coinvolto nell’indagine).
La rabbia di Serafini traspare da una telefonata tra il dirigente di fatto Mauro Ulizio, bloccato martedì dalla polizia, e il ds Fabio Tricarico, che non risulta indagato. “Il Tricarico – si legge nelle carte – informava l’Ulizio di discussioni insorte nello spogliatoio del Pro Patria, laddove Serafini (Matteo, calciatore in forza al Pro Patria) aveva sollevato obiezioni rispetto al momento che stava attraversando in campionato la squadra, coinvolgendo taluni compagni, tra cui Adolfo Gerolino (fermato martedì mattina dalla polizia, ndr)”. Tricarico riferiva a Ulizio, “al quale, non si dimentichi, non faceva capo alcuna qualifica in seno alla società se non un potere di gestione di fatto, che Matteo Serafini aveva mosso un atto d’accusa contro suoi compagni di squadra che il Tricarico non esitava a definire ‘uomini’ dell’Ulizio, avverso i quali muoveva accuse che li rendevano meritevoli della messa al bando dalla società”. Il ds “andava oltre e illustrava all’Ulizio, per sommi capi, la discussione avuta al riguardo con Serafini asserendo di avere suggerito al calciatore di risolvere la faccenda sfidando a duello i colleghi che stava accusando, pur di scansare, a suo dire, l’obiezione che il Serafini aveva sollevato”.
Ecco cosa dice Tricarico al telefono con Ulizio parlando di Serafini: “Gli ho detto… ascolta… se tu e… hai qualcosa da dire a qualcuno a me fa anche piacere… perché non lo meni… oppure menatevi”. In un altro passaggio Ulizio sembra preoccuparsi di eventuali nomi fatti da Serafini: “Senti ma… poi… come si chiama… Serafini ha detto che se… che se non c’è… non ha fatto nomi…”. Tricarico: “Io ho detto così ma… eh… generalizzando… facendogli capire… che cazzo vuoi da me coglione… se hai qualcosa da dire a qualcuno perché non parli scusa… fai nomi e cognomi… e tiralo fuori no… e questo è quanto… però lui… c’è là… perché poi io gli ho parlato a parte…”; “…e gli ho detto… ascoltate… guardate che io sono così e così, non pensate che io… non sono l’uomo di nessuno, sono l’uomo di mia moglie e dei miei figli… perché loro sai… volevano buttarsi avanti come per dire che io faccio e disfo di tutto e di più di quello che mi dici tu…”. Sempre Tricarico con Ulizio: “Il problema è questo… che lui sa… come tutti gli altri… che… quali sono i tuoi uomini e quello è… lui quello vuole dire e… cioè nient’altro, capito? devi cacciarli…”.
Michele Ferro
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