Politica

Sindaci di centrosinistra contro Sblocca Italia: 'Politica è stata debole'

Primo incontro pubblico in tema di rifiuti, tra due dei sindaci – azionisti (attraverso le proprie partecipate) di Lgh, la holding proprietaria dei rispettivi inceneritori, San Rocco a Cremona, Parona in provincia di Pavia. L’incontro si è svolto venerdì pomeriggio in sala Zanoni, organizzato dalle associazioni ambientaliste legate a Creafuturo (Legambiente, WWf, Ambientescienze e altre), alla presenza del sindaco di Pavia Massimo Depaoli, di quello di Cremona Gianluca Galimberti, legati dalla compartecipazione in Lgh oltre che dalla stessa area politica, e dell’assessore del comune di Forlì nonchè docente di ingegneria a Bologna, Alberto Bellini. Quest’ultimo ha dipinto lo scenario ottimale a cui dovrebbe tendere la questione rifiuti, partendo da quanto già si sta facendo a Treviso, dove ormai l’indifferenziato è appena il 15% dei rifiuti solidi urbani e tutto il resto viene recuperato. “Le regioni Emilia Romagna e Lombardia – ha detto Bellini – sono state virtuose in passato con la costruzione degli inceneritori nell’epoca in cui rappresentavano in effetti la scelta giusta per risolvere il problema delle discariche. In regione Emilia addirittura è stata sancita per legge l’autosufficienza provinciale in tema di smaltimento e il risultato è che ogni provincia ha un inceneritore. Oggi ce ne sotto 8 perchè Reggio ha chiuso due anni fa, oltre  a 11 discariche. Ma questo eccesso di responsabilità oggi  si ritorce contro, perchè lo Sblocca Italia introduce la dimensione nazionale dello smaltimento rifiuti”.  Bellini ha prima parlato da ingegnere e poi da politico. Nella prima veste ha descritto come siano soprattutto motivi economici a rendere preferibile un ‘obiettivo alto’ come la totale chiusura degli inceneritori. Semplificando al massimo, si parte dal fatto che la parte non riciclabile dei rifiuti solidi urbani è minima, appena il 5%;  lo scenario previsto dal piano rifiuti regionale è di arrivare  al 70% di differenziata entro il 2020; resta quindi un 30% di rifiuti indifferenziati da smaltire in qualche modo. Anzichè bruciarli, si propone di utilizzare altre soluzioni, come il trattamento meccanico biologico, ma non solo, recuperando ulteriori  2/3 di materia e lasciando solo 1/3 da smaltire. Fatti i conti con l’attuale produzione di rifiuti in Emilia, ne deriverebbero 300mila tonnellate di rifiuti indifferenziati, contro gli attuali 1,5 milioni. La resa energetica dei rifiuti bruciati è di gran lunga inferiore all’energia utilizzata per la produzione degli oggetti; ne deriva – spiega Bellini – che l’incenerimento è una soluzione costosa e meno efficiente. Recuperare una bottiglietta di plastica costa dieci volte meno che bruciarla e realizzarne una nuova.

“Se dovessimo dar retta alle sole motivazioni economiche e tecniche, questo sistema andrebbe adottato subito”, afferma Bellini. “Ma non nascondiamoci  le difficoltà politiche. Intanto perchè un amministratore deve porsi il problema degli investimenti impiantistici realizzati sui territori, che non possono essere cambiati da un giorno all’altro. E’ necessario pertanto attuare una fase di transizione per cambiare il sistema economico. Due le tensioni degli amministatori: dover fare quello che è più giusto (cioè chiudere gli inceneritori) e fare i conti con l’esistente. Ma negli obiettivi è nostro dovere essere alti. Un inceneritore in Emilia Romagna è troppo: l’obiettivo deve essere lo zero. Va quindi definita una transizione per arrivare a quel punto”

“Purtroppo – e qui Bellini viene al nocciolo del problema che riguarda l’inceneritore di Cremona – lo Sblocca Italia è un esempio di come la politica sia stata debole. Non è leghismo né mancanza di solidarietà dire no ai rifiuti provenienti da altre regioni. Ma non è la soluzione: trattare questi rifiuti significa sprecare un sacco di soldi e non incentivare quelle regioni a cambiare rotta”. La politica, afferma in sostanza  Bellini, avrebbe il dovere di frenare gli entusiasmi  finanziari delle aziende partecipate pubbliche, che – come nel caso di Hera, colosso emiliano quotato in borsa  – mirano al profitto e alla ripartizione degli utili (peraltro redistribuiti ai Comuni). Ma se “questo scenario per loro (le aziende multiutilities) è drammatico perchè andare in questa direzione per i Comuni significa fare un danno economico alle proprie aziende, allora la politica deve essere coraggiosa”. La chiusura degli inceneritori, il cambiamento di dotazioni impiantistiche e quindi il recupero completo dei materiali, afferma ancora Bellini citando fonti accreditate, porterebbe su scala nazionale a un risparmio di 630 milioni di euro l’anno: per un danno economico alle singole aziende, ne derivebbe un beneficio per l’economia nazionale. “Nello Sblocca Italia la politica è stata debole – conclude Bellini -. Si sono serviti gli interessi delle aziende, ma la prospettiva a cui tendere non può essere quella dell’azienda che non vede oltre la prospettiva dei propri bilanci”.

La transizione verso una nuova impiantistica per i rifiuti dovrebbe essere favorita a livello centrale da un’adeguata politica fiscale.

Meno esplicito ma sulla stessa linea il sindaco di Pavia Deapaoli, provenienza Legambente, sindaco di una città che detiene il record negativo, come il resto della provincia, di raccolta differenziata, solo il 34%. “L’articolo 35 dello Sblocca Italia sta cambiando le carte in tavola rispetto al cammino avviato dalla regione Lombardia un anno fa. Ora c’è la possibilità che sia Pavia che Cremona siano nella lista degli impianti che devono soddisfare il fabbisogno nazionale, l’iter non è ancora concluso. Uno dei pericoli che vedo è che si crei una clima di sfiducia da parte dei cittadini verso questa politica, perchè proprio nelle zone d’Italia dove si è chiesto e si chiede di più ai cittadini con la differenziata, potrebbero arrivare i rifiuti delle regioni dove non si differenzia affatto. Oggi da noi questa strada è segnata, i rifiuti prodotti stanno diminuendo. Credo che le scelte di Lgh debbano tenere conto di questo scenario. Ad esempio un impianto per la biodigestione anaerobica dei rifiuti, utile per l’umido, Lgh non ce l’ha. Non è facile spegnere un inceneritore, ma è un processo che va iniziato, un impegno legittimo che noi amministratori dobbiamo prenderci, agendo al tempo stesso a livello nazionale”.

Prima occasione per dettare nuove linee di sviluppo a Lgh sarà il prossimo rinnovo dei patti parasociali, entro il mese di giugno; mentre a maggio ci saranno le elezioni amministrative a Rovato, unico dei comuni soci non di centrosinistra.

Tra i problemi sul tappeto da risolvere comunque restano i rifiuti speciali, quelli ospedalieri, e l’alimentazione alternativa del teleriscaldamento. Aspetti che si frappongono all’ambizioso obiettivo di ‘inceneritori zero’.

Giuliana Biagi

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