Ambiente

Tamoil, impianti per il ripristino fermi da mesi per 'sacca' di metano Tempi indefiniti per riutilizzo aree Progetto mai depositato in Comune

foto Sessa

La messa in sicurezza operativa Tamoil sta dando i suoi frutti: resta la presenza di idrocarburi nella prima falda, la più superficiale, ma quelle a 50 e 70 metri sono ripulite. La situazione dei gas interstiziali è molto migliorata in tutta l’area compromessa delle canottieri; la dimissione degli impianti non più funzionali all’attività di deposito, dopo la dismissione della raffineria, è un processo avviato anche se l’azienda non ha ancora divulgato un cronoprogramma dei lavori. La prima riunione dell’osservatorio Tamoil, nella nuova veste voluta dall’amministrazione Galimberti, in sala Quadri il 26 marzo, da un lato rassicura sull’esecuzione delle opere concordate tra enti locali, ministero e azienda, ma evidenzia che i tempi sono ancora indefiniti per arrivare ad un riutilizzo dei siti inquinati.

L’assessore all’Ambiente Alessia Manfredini (in passato oppositrice della scelta di non costituzione di parte civile del Comune nel processo per inquinamento ambientale) ha evidenziato in più passaggi la volontà del Comune di esercitare un controllo forte sulle attività ambientali che l’azienda sta conducendo a proprie spese. In particolare, c’è un’incognita in più a preoccupare l’amministrazione rispetto al via libera al progetto di riutilizzo aree approvato dal Ministero a fine 2013: una norma entrata in vigore successivamente prevede che “nel caso di reindustrializzazione di siti contaminati, nonché nel caso di chiusura  di impianti di raffinazione e loro trasformazione in depositi, i sistemi di messa in sicurezza operativa già in atto possono continuare ad essere eserciti senza necessità di procedere contestualmente  alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica”. La società ha dichiarato l’intenzione di realizzare un parcheggio ad uso delle autobotti su parte dei 12 ettari  di terreni da cui verranno tolti serbatoi e impianti non più utilizzati, oltre ad aree di posizionamento per imprese terze di manutenzione e costruzione. L’assessore Manfredini ha fatto presente che prima di cementificare l’area sarà necessario verificare il grado di compromissione dei terreni sottostanti, “il Comune eserciterà un attento monitoraggio di quello che verrà eventualmente trovato”.

Il dirigente Tamoil Enrico Gilberti  ha illustrato gli accorgimenti che verranno adottati per evitare disagi legati al rumore, dispersione in atmosfera di gas nocivi, eventuali interferenze col traffico locale. Eventualmente il materiale potrà viaggiare via acqua, nel caso Tamoil riuscisse a collocare sul mercato parti integre di macchinari, ma un compratore ancora non c’è. Il trasporto su gomma potrebbe quantificarsi in due trasporti giornalieri di autoarticolati. “L’area del riutilizzo – ha detto ancora Gilberti – sarà pavimentata e resa funzionale; questo non impedirà la prosecuzione della messa in sicurezza operativa e non comprometterà ulteriori interventi di bonifica nel momento della dismissione completa delle attività”. Ossia quando – ma non è all’orizzonte – dovesse cessare anche l’attività di deposito.

Il progetto di riutilizzo di cui tanto si parla, però, non è mai stato acquisito dal Comune in via ufficiale, ossia protocollato e inviato all’ufficio urbanistica: lo ha evidenziato ancora una volta Manfredini, sottolineando che, seppure diffuso per altre vie, il progetto deve necessariamente passare attraverso il protocollo del Consiglio per considerarsi acquisito. Tre anni il tempo a disposizione dell’azienda per realizzare la dismissione.

Si scopre intanto che da parecchi mesi sono rimaste inattive le pompe del sistema di “pump and treat” che stanno lentamente aspirandogli idrocarburi dalle aree esterne alla raffineria, nelle zone del dopolavoro ferroviario, Cral Tamoil, Bissolati e in parte della canottieri Flora. La causa è la presenza di un ‘sacca’ di metano nel sottosuolo, scoperta già un anno fa e che ha reso inutilizzabile l’ossidatore catalitico che consente alle pompe di funzionare. Solo a metà aprile le macchine ripartiranno, con la messa in funzione di un ossidatore termico: lo stallo però è durato parecchi mesi e su questo ha espresso preoccupazioni il presidente della Bissolati Maurilio Segalini. Il quale ha anche chiesto all’azienda di migliorare la comunicazione con l’esterno, soprattutto quando inizieranno le operazioni di rimozione impianti che interferiranno con la vita della canottieri.

Scarso il pubblico dell’Osservatorio: tra gli ambientalisti ha preso la parola solo Ezio Corradi, del coordinamento comitati ambientalisti della Lombardia, che ha riportato i dubbi espressi dai radicali cremonesi sulla presenza al tavolo di Enrico Gilberti, uno dei manager Tamoil condannati in primo grado per inquinamento ambientale. Una presenza “inopportuna”, visto che proprio di ripristino ambientale tratta l’osservatorio. “E’ l’azienda ad indicare i propri rappresentanti”, ha risposto Manfredini. “La richiesta dei nominativi l’abbiamo inoltrata a dicembre 2014, quando ancora le motivazioni della sentenza di primo grado non erano state depositate” (lo sarebbero state a febbraio). “Siamo ancora al primo grado di giudizio – ha poi aggiunto l’amministratore delegato di Tamoil Italia Aldo Lancia. – E la società decide autonomamente da chi deve essere rappresentata”.

Il Radicale Sergio Ravelli sta preparando un secondo volume (dopo il primo,  ‘Morire di petrolio’), che riporta integralmente la sentenza di condanna in primo grado emessa dal giudice Guido Salvini nei confronti di quattro alti dirigenti aziendali.

Giuliana Biagi

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