Province, Pizzetti: 'Basta fare populismo su sorte del personale'
Sbagliano quei presidenti di Provincia che operano come se si potesse tornare indietro rispetto alla legge Delrio, chiedendo ad esempio la riassegnazione di funzioni già definite come non fondamentali. “Dobbiamo uscire dalla logica della rappresentanza politica ad entrare in quella di un miglioramento nella gestione dei servizi”, questa la nuova funzione degli enti di Area Vasta, ribadita da Luciano Pizzetti oggi, a Cremona, davanti a decine di amministratori locali del territorio riuniti per una tavola rotonda sui piccoli comuni organizzata da Anci e giornale La Provincia.
Pizzetti, che della Delrio è stato relatore in Parlamento prima di dimettersi quando è diventato sottosegretario, la definisce “una buona legge di sistema”, che come tutte le riforme provoca disagi nell’immediato e nella fase di transizione, ma darà i suoi frutti nel medio e lungo termine. E non tanto o non solo per il risparmio nelle indennità degli organi politici delle ex Province, Consigli e Giunte, quanto nella gestione di servizi su più ampia scala territoriale. Province come grandi agenzie a servizio dei comuni, a cui proprio questi dovrebbero affidare (come la legge Delrio incentiva a fare) più funzioni rispetto a quelle fondamentali. Sbagliato, secondo il senatore, questa eccessiva enfasi sulle Regioni e su quali funzioni esse dovrebbero riprendere, mentre dovrebbero essere i Comuni a ripensarsi in termini di aggregazioni territoriali e decidere cosa delegare ai nuovi enti di area vasta. Una volta concluso il processo di abolizione delle Province tramite legge costituzionale, questi enti dovranno necessariamente ridefinirsi territorialmente. “Su questo ci si dovrà confrontare – ha detto Pizzetti – io per esempio sono convinto che si debba ragionare in termini di bacino del Po, ma ci possono essere anche altre soluzioni”.
Tornando al tema delle funzioni, Pizzetti approva che l’Agricoltura (una delle deleghe più dibattute localmente) torni in capo alle Regioni e critica “quei presidenti di Provincia che si battono perchè resti in capo a loro: ‘Fa bene Maroni a trattenere la delega all’Agricoltura, si tratta di una competenza troppo importante’; ma poi non risparmia critiche alle Regioni che, ritardando i tempi decisionali per definire cosa trattenere e cosa delegare, ritardano anche la quantificazione del personale che dovrà transitare da un ente all’altro. “Oppure – ha aggiunto – fanno il giochino per cui rivendicano funzioni, ma mettendoci meno risorse finanziarie e di personale di quello attualmente impiegato”.
Pizzetti è poi tornato a disegnare un quadro sulla situazione del personale tutto sommato tranquillizzante anche se molto pragmatico. Parlando di numeri a livello nazionale, dei 20mila addetti non impiegati nelle funzioni fondamentali e quindi da ricollocare, “8000 dipendenti dei centri per l’Impiego saranno destinati all’Agenzia per il lavoro, per cui il tema ‘esuberi’ non si pone neppure; altri 3000 saranno accompagnati alla pensione da qui al 2017; per 1500 dipendenti della Polizia Provinciale si sta valutando se portarli nel Corpo Forestale dello Stato. Mille dipendenti andranno nei Tribunali e poi non dimentichiamo il blocco delle assunzioni nei concorsi nella p.a., ad esclusione ovviamente di quelli già conclusi, con riserva a favore del personale provinciale”. “Mi si vuole dire che tolte queste unità, di qui al 2017 non ci sarà la possibilità di ricollocare il resto del personale? Questo tema va affrontato con serietà, senza continuare ad alimentare allarmismi e il diavolo del populismo”. Per quanto riguarda i tagli che l’ultima legge di stabilità ha piazzato tra capo e collo alle Province, per il 2015 secondo Pizzetti gli enti “saranno in grado di reggere, mentre sarà nel 2016 e 2017 che la situazione si farà difficile. Ma interverremo al tempo, con le leggi di stabilità”.
Tra gli altri temi trattati, anche in contraddittorio con Danilo Toninelli (deputato M5S) e Carlo Malvezzi (consigliere regionale Ncd): la riforma costituzionale, la difficoltà a mettere mano alle Regioni, la legge elettorale. “Le riforme generano disagio ma solo nel tempo di messa a regime. Dobbiamo fare i conti con l’abitudine italica per cui le riforme vanno bene solo se interessano qualcun altro. Vero è invece che occorre governare il processo: parlamentari e sindaci dei comuni, siamo tutti rappresentanti delle istituzioni”. Quanto al tema dei ‘nominati’ nella nuova legge elettorale, “si possono definire non rappresentanti del popolo i sindaci eletti direttamente e i consiglieri regionali? Perchè saranno loro ad entrare nel nuovo Senato. In questo momento, sono più rappresentativi loro degli attuali parlamentari”.
g.bia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA