Cronaca

Attento Matteo Renzi, la Rai è un campo minato!

Matteo Renzi si è piantato in testa una idea rivoluzionaria e rischiosa: riformare la Rai per sottrarla al controllo dei partiti. Una impresa titanica. Finora le partitocrazie che hanno dominato le prime due Repubbliche non l’hanno permesso. Ora ci prova lui, forte di un consenso da primato. Auguri.

Ma con quali intenzioni Pittibimbo tenta la “svolta epocale”?  Togliere il Carrozzone ai partiti per affidarlo al Governo? Ha scritto Piero Ostellino: “Poiché il governo avrebbe contemporaneamente il monopolio della informazione (Rai) e della violenza (legale) sarebbe un salto dalla padella (dei partiti) alla brace (del governo). Non un gran passo avanti nella riforma,nella modernizzazione e nella democratizzazione del Paese promesse da Renzi”.

La Rai è la più grande fabbrica di Cultura del Paese. Da 60 anni è un campo minato,un teatro di risse, agguati, colpi di mano, dispetti, veti, ricatti, fesserie, retoricume. La Rai è sempre stata la centrale della lottizzazione e tutti i politici vi hanno fatto le loro scorribande e i loro saccheggi. Ora è il turno di Pittibimbo. Perché tanta meraviglia?

La Rai è da sempre un percorso di guerra. Dal primo giorno in cui l’Azienda è nata (10 aprile 1954). Il primo presidente, Cristiano Ridomi, è stato nominato alle 10 e dimissionato alle 17; non piaceva al compagno Togliatti perché Ridomi era stato amico di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini. A casa. L’ala scelbiana della Dc esultò. Mauro Bubbico chiamava l’azienda “er latifondo democristiano”. Gli unici a sopravvivere al trappolone (con decoro) sono stati il fanfaniano Ettore Bernabei detto “Toro silente” (sostituiva i dirigenti a Ferragosto quando tutti scappavano al mare) e il demitiano Biagione Agnes detto “Frutta e verdura” perché era popolaresco e spiccio.

Negli anni dell’Ulivo,quando alla Rai imperava Veltroni, i (frequenti) cambi di dirigenza venivano chiamati “giri di Walter” e i direttori di testate, alla nomina, passavano  alle Botteghe Oscure a baciare le pantofole rosse prima di salire in trono. Celebre la “teoria” di Enzo Biagi: “Se in Rai devono assumere tre persone una è della Dc, una del Pci e la terza è brava”. Oggi non è più così, anche la terza è lottizzata.

Renzi vuole rottamare il Carrozzone e farne un’altra cosa. Magari una sorta di Minculpopo renzian-democratico come temono i suoi avversari. Ostellino, pur avversandolo,non è tra questi. Certo sostiene che “il ragazzotto fiorentino è solo culturalmente uno sprovveduto, che spesso,nel lodevole entusiasmo di fare, e di fare in fretta,finisce col farsi male da solo”. Ma non va oltre. Aspetta tempi migliori. La Boldrinova invece si è già messa di traverso stoppando il decreto Rai (“si deve fare quando c’è materia di urgenza”). Un cannoniere del premier, tale Ernesto Carbone, si è irritato, ed ha sparato “qualcuno spieghi a Boldrini quali sono le sue funzioni”.

Renzi, in tema Rai, non è diverso da taluni del passato. Gramsci teorizzava l’occupazione delle “casematte”, sicuro che mettere le mani sulla Cultura significava “conquistare il futuro dell’Italia”. Togliatti era più pratico. Diceva: andate e occupate. Mussolini sognava l’uomo fascista salvo poi ammettere, desolato, che governare gli italiani non è difficile “è inutile”. Bernabei (direttore generale della Rai dal 1961 al 1974) sosteneva che il primo compito della televisione di Stato era educare le masse. Diceva: “Aiutiamo gli italiani a scendere dagli alberi”.

Come finirà? Matteo “salterà in aria”? Tutto è possibile in una Repubblica che il mese scorso ha financo risarcito il re Vittorio Emanuele per ingiusta detenzione. Quarantamila euro. Euro che,come al solito, paghiamo noi.

Enrico Pirondini

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