Minaccia terrorismo, Cremona tra le aree più a rischio. Molti i kamikaze reclutati sul territorio in questi anni
Quello cremonese è tra i territori più a rischio per quanto riguarda la minaccia islamica dell’Isis. A dirlo un rapporto realizzato da Michele Groppi e pubblicato dal Cemiss, il Centro militare di studi strategici del ministero della Difesa, che fa il quadro della presenza degli estremisti islamici in Italia, e che individua proprio la città del Torrazzo (e il suo territorio) come quella in cui si è registrata una delle maggiori attività di questo tipo. Lo confermano i dati che emergono dall’analisi di Groppi: numerosi sono i martiri reclutati, in questi anni, nella nostra città. Per non parlare del fatto che in passato la nostra città è stata al centro di numerose operazioni anti-terrorismo.
“Per quel che concerne la sicurezza nazionale, non vi è alcun dubbio sul fatto che la radicalizzazione della comunità islamica rappresenti una potenziale seria minaccia – si legge nel rapporto -. Alcune organizzazioni sociali e religiose sono legate ad attori pericolosi o potenzialmente pericolosi”. E qui viene citata la nostra città, in un passaggio in cui parla delle moschee “che sono state direttamente o indirettamente coinvolte in attività terroristiche. Queste moschee sono situate a Milano, Cremona, Firenze, Bergamo, Varese, Brescia, Napoli, Vicenza e Roma”.
Si tratta comunque di dati ancora approssimativi, in quanto “determinare l’ esatto numero di luoghi di culto, moschee, centri
islamici è un processo complesso in costante evoluzione e non sempre legale e/o ufficiale (ovvero, le moschee e i centri
islamici crescono in numero, ma spesso non sono altro che luoghi informali come garage o capannoni in affitto trasformati
in luoghi di culto, spesso diretti da comuni cittadini proclamatisi Imam)”.
Analizzando i tentativi terroristici e i piani di attacco progettati dagli jiadisti negli anni, viene nuovamente citata Cremona. “Dal 2001, vi sono stati 13 tentativi e piani d’attacco, 6 attacchi effettuati ma non riusciti (ovvero con nessuna vittima o danni collaterali minori) ed 1 solo attentato effettuato ma solo parzialmente riuscito (quello del signor Game a Milano, nel quale non vi furono vittime ma lo stesso attentatore ed una guardia rimasero feriti). In totale, quindi, tralasciando 3 casi controversi di dubbia natura, dal 2001 l’Italia ha assistito a 20 casi di stampo jihadista sul proprio suolo, 5 dei quali nel 2002, 3 nel 2001 ed altrettanti nel 2010, mentre dal 2010 i casi sono stati 6. Dei 13 piani d’attacco preparati, 6 avevano come bersaglio Milano. Le altre città italiane, invece, che, ad oggi, sono state elette come bersaglio sono: Napoli (3 piani d’attacco), Bologna (2 piani d’attacco), Roma (2 piani d’attacco), Agrigento (3 attentati effettuati ma non riusciti, fra l’altro dalla stessa persona, ovvero il signor Quaranta), Cremona (1 piano d’attacco), Brescia (1 piano d’attacco e 1 attentato effettuato ma non riuscito) e Modena (1 attentato effettuato ma non riuscito)”.
La nostra città risulta essere, come detto, anche un bacino di reclutamento piuttosto fruttifero, come evidenzia il rapporto: “Lo scoppio della guerra in Iraq nel 2003 trasformò l’Italia in uno dei maggiori fornitori di martiri. Moschee e centri islamici furono i principali catalizzatori nel reclutamento di tali martiri”. Soggetti provenienti in maggioranza dal nord Italia: “In questo quadro, l’Istituto Culturale Islamico di Viale Jenner copriva un ruolo determinante nel fornire alla Jihad globale nuovi combattenti – si legge nel documento -. Non è un caso che a Milano, ritenuto l’epicentro del radicalismo islamico italiano, 8 martiri furono reclutati e inviati in Iraq, che si aggiunsero ad altri 5 martiri provenienti dalla vicina Cremona. Infatti, dal 2006 al 2009, si crede che almeno 29 kamikaze furono reclutati in Italia, soprattutto nell’area tra Milano e Cremona, come dimostrato dal ritrovamento da parte delle truppe americane di 70 falsi passaporti italiani a Kurmal, Iraq. Con lo scoppio, invece, del conflitto siriano, 59 individui, a cui si aggiungono quasi una decina di cittadini italiani convertiti, sono partiti da diverse città italiane per combattere a fianco dell’Isis contro il regime di Bashar al-Assad, con l’area di Milano sempre al centro della rete di reclutamento”.
I luoghi di culto. La Moschea di Cremona in passato venne definita come una tra le più radicali in Italia. Lo aveva evidenziato – come riporta il rapporto, un dossier del 2009 dei servizi d’intelligence anti-terrorismo, secondo cui “le moschee radicali, ovvero quelle in cui odio e violenza sono predicati durante i sermoni, ammontano a 108. Le moschee più radicali si trovano nelle regioni settentrionali, come Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana, il cui numero è pari a, rispettivamente, 12, 11, 10, 10 e 6 centri radicali. In Campania, Lazio, Umbria, Marche, i luoghi di culto ritenuti radicali ammontano, rispettivamente, a 8, 13, 3 e 12 . Nel Meridione, Puglia, Sicilia e Calabria contano, rispettivamente, 8, 14 e 11 centri radicali. Particolarmente radicali sono le moschee di Torino, Cremona e Varese, ma anche quelle di Vicenza, Udine, Venezia e Latina”.
I reclutatori. Dal 2000 al 2006, secondo il rapporto, vi furono 12 principali reclutatori, tre dei quali provenivano proprio da Cremona. “Gli Imam Abu Imad, Jousni Jamal e Bouhaya Maher Ben Abdelaziz provenivano dall’istituto di Viale Jenner a Milano. Mohamed Daki viveva a Reggio Emilia, ma aveva collegamenti con una cellula islamica di Amburgo, in Germania, nella quale era, a sua volta, in contatto con il principale pianificatore degli attacchi dell’11/09, Ramzi Binalshib. Il ompito di Daki era quello di procurare documenti falsi per kamikaze diretti in Iraq. Gli Imam Abdel Qadir Fadlallah Mamour, Bourika Bouchta e Khohaila provenivano, invece, da diverse moschee torinesi, l’Imam Samir Khaldi da Roma, mentre Abou Britel El Passim reclutava a Bergamo. Infine, gli Imam Trabelsi, Rafik e Laagoub Abdelkader provenivano dalla moschea di Cremona”.
I martiri. Come evidenzia il rapporto, assieme a Milano, anche Cremona svolse un ruolo importante nel reclutamento di martiri. Anche se la loro residenza rimase incerta, “si ipotizzò che cinque kamikaze in particolare fossero strettamente legati alla cellula terroristica di Cremona. Laagoub Abdelkader, ex bibliotecario della moschea di Cremona, era in possesso di video che mostravano varie azioni compiute da martiri in Iraq. Questi video furono utilizzati per reclutare kamikaze da inviare in Iraq e Afghanistan. Tra tutti i numerosi video di kamikaze, 5 martiri del gruppo Ansar Al Sunna attirarono l’attenzione delle autorità italiane, poiché si scoprì che erano legati a Cremona. Il primo martire era il signor Zarwa Al Kurdi, il quale uccise 20 soldati americani con un autobomba. Prima del suo gesto, Al Kurdi aveva incoraggiato i musulmani di tutto il mondo ad impegnarsi nella Jihad, in quanto un obbligo per tutti coloro che amano Allah. Il secondo martire era il signor Abu Abdullah, che attaccò l’ ambasciata della Turchia il 14 ottobre del 2003. Nei suoi messaggi video, Abdullah chiedeva ai musulmani aiuti economici destinati alla Jihad. Il terzo martire era il signor Abu Saleh, il quale colpì un gruppo filo-americano dell’Unione Nazionale del Kurdistan a Karkun, il 20 novembre 2003. Fu ritenuto che l’attacco, che provocò decine di vittime, fosse diretto all’ambasciatore del Vaticano, bersaglio principale dell’attentato, previsto per quella data nel paese. Il quarto kamikaze era il signor Abutabet Al Muhajer, il quale si fece esplodere in una base militare americana il 9 dicembre 2003. Prima di tale atto, Al Muhajer aveva animatamente invitato i musulmani ad attaccare Roma, solennemente affermando che “Roma sarà invasa e conquistata”. L’ultimo martire era il signor Abu Hafs, il quale nello stesso giorno di Muhajer, il 9 dicembre 2003, attaccò il Ministero degli Interni iracheno, uccidendo 30 persone e ferendone 660”.
Gli arresti. Cremona spicca quindi anche per gli arresti: “Dal 2001 ad oggi, circa 200 persone sono state arrestate con l’accusa di terrorismo. Le 3 città principali che hanno assistito a tali arresti sono state Milano (considerando anche zone vicine come Brescia, Cremona e Varese), Napoli e Bologna”.
Le indagini cremonesi. “El Bouhali fu uno dei principali fondatori di Jama’a, un gruppo islamico marocchino dedito alla lotta contro il re del Marocco, Hassan II. Nel corso di una serie d’indagini, funzionari italiani trovarono nella sua abitazione diversi opuscoli di guerra di Al Qaeda e altro materiale inneggiante alla Jihad. Nel 1998, le autorità belghe e italiane riuscirono persino ad arrestare, per poi dover rilasciare, lo stesso El Bouhali e il suo allievo Mourad Trablesi (all’epoca imam a Cremona), imputati entrambi con l’accusa di finanziamento del terrorismo islamico. In seguito all’inchiesta, El Bouhali scomparve e, presumibilmente, cadde in combattimento in Afghanistan nel 2001159. Anche il suo successore in Italia, Trabelsi, fu accusato di promuovere l’Islam radicale. Nel 2002, alcuni membri della moschea di Cremona furono accusati di pianificare attacchi terroristici contro il Duomo di Cremona e la metropolitana di Milano. Inoltre, insieme a Trabelsi, il signor Mohamed Rafik fu accusato di essere uno dei principali ideologi dietro gli attacchi terroristici avvenuti a Casablanca nel 2003160. Prima del 2003, Rafik aveva raccolto fondi per la Cecenia e i Balcani, distribuito materiale propagandistico ed instaurato forti legami con gruppi musulmani tedeschi al fine di raccolta fondi per l’organizzazione
Ansar Al Islam. Oltre ad essere stato membro dell’assemblea di Cremona, Rafik è stato anche l’Imam della moschea di Firenze, proiettandola nel panorama del terrorismo internazionale161. Consapevole della predicazione di visioni fondamentaliste dell’Islam, la polizia fiorentina mise sotto intercettazione lo stesso Imam, il quale, in una delle sue conversazioni telefoniche, aveva esercitato pressioni su un credente tunisino per che diventasse un martire in Iraq. Similmente, il successore di Rafik, il signor Rachid Maamri, fu trovato in procinto di partire come martire per Baghdad nel 2004. Altamente ispirato da jihadisti egiziani responsabili per i primi attacchi di tale natura nel loro paese d’origine, per anni Maamri aveva indottrinato i membri della moschea con fini terroristici”.
Laura Bosio
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