Siamo davvero arrivati alla svolta?
A fine mese, cioè alla fine del primo trimestre 2015 il Pil risulterà cresciuto dello 0,1%. Lo sostiene L’Istat facendoci notare che lo spread è sceso a 100 punti come non succedeva dall’aprile 2010. Certo, questo 0,1% può sembrare poca cosa ma non lo è se si pensa che da tre anni il Pil scende costantemente e proprio questa discesa ci ha messo nella classe dei Paesi in recessione. L’ultima volta che il Pil è risultato positivo è stato nel 2011 (+0,2,aprile-giugno). Poi sempre giù.
Ora non sto qui a dire cosa è il Pil,visto che sono nove anni che non si parla d’altro o quasi. Ma non è male ribadire che il Pil è il prodotto interno lordo,cioè tutto quello che produciamo,che compriamo, che vendiamo. Proprio tutto, compreso le rapine in banca, le estorsioni, i fatturati della malavita come dice Giorgio Dell’Arti. E non sto nemmeno qui a discettare se il Governo di Pittibimbo abbia una parte di meriti anche se bisogna riconoscere che una parte di merito bisognerà pur dargliela anche in tema di lavoro. La legislazione precedente non ha aiutato, come mostra l’Istat; quindi la scommessa rappresentata dal Jobs Act – nonostante un Bersani furibondo – ha un senso. Renzi ha dalla sua anche il giudizio positivo della Commissione europea; fatto che per uno come Fassina, ad esempio, è addirittura una aggravante. Non parliamo di Salvini reduce dal successo della spedizione romana, la prima manifestazione di destra che ha ignorato Berlusconi.
Epperò è vero,s ta circolando qui e là una cert’aria nuova al punto che ci pare legittima la domanda: siamo davvero arrivati alla svolta? Confindustria sostiene che le condizioni per svoltare ci sono perché il cambio dell’euro è più appropriato, perché il prezzo del petrolio si è dimezzato, perché c’è un certo dinamismo del commercio globale. E, dicono sempre gli orfanelli della Marcegaglia, “una volta messa in moto, è difficile che l’economia si fermi”. Va bene. Va tutto bene. Ma come la mettiamo col fatto che la mancanza di lavoro resta il punto più critico della nostra quotidianità? Resta un dramma con cifre da primato?
Certo è indubbio che ci sono segnali di risveglio. Lo dice anche Carletto Sangalli di Confcommercio, uno che non fa sconti facili a nessuno. Epperò prima di vedere una crescita solida della occupazione bisognerà riassorbire alcune centinaia di migliaia di cassaintegrati. E vedere una maggiore responsabilità e coraggio delle banche. Direi lungimiranza.
Intanto vendiamo e svendiamo. Da quel che leggo e mi dicono taluni esperti persino la vendita agli emiri del Qatar del nuovo cuore di Milano (i 25 grattacieli di Porta Nuova) più che un affare è stata una jattura. Il business delle residenze di superlusso e degli architetti di grido ha fatto parecchie macerie. Certo, colpa della crisi, del crollo dei prezzi, dei fallimenti, di altro. Di fatto è che è finita l’era dei palazzinari. Sulla scena milanese non ci sono più nomi storici come Ligresti, Lodigiani, Beltrami Gadola, Zunino e Coppola. Milano sta diventando un’altra cosa. E siccome – la storia lo insegna – tutto parte da Milano, presto vedremo cambiamenti ovunque. L’Europa dei diktat e delle troike, l’Europa che chiede agli altri severità e concede a sé ogni beneficio, l’Europa che taglia le pensioni ai cittadini e le aumenta ai burocrati, l’Europa che chiede sacrifici a tutti ma poi fa vivere i suoi 766 parlamentari nel lusso, dovrà farsene una ragione. Sennò le (crescenti) tendenze anti-europeiste diventeranno dirompenti. Ed allora, sai che svolta!
Enrico Pirondini