Politica

Province nel caos, Vezzini: 'La Regione prenda una decisione al più presto'

E’ appesa a un filo la situazione della Provincia di Cremona, così come quella di buona parte delle province italiane, che in molti casi si trovano tra l’incudine – ossia lo stato che vuole tagliare tutto il tagliabile – e il martello – cioè la Regione, che non ha ancora le idee chiare né sulla distribuzione delle funzioni né sui trasferimenti monetari da fare agli enti. “In questa fase la Provincia di Cremona sta gestendo ancora tutte le funzioni, anche se la Regione dovrebbe accollarsi una parte delle stesse – quelle non fondamentali – e ha già dei progetti sul tavolo, in merito” spiega il presidente Carlo Vezzini, analizzando la situazione sempre più complessa per l’ente. “L’unica cosa certa è che per ora stiamo ancora facendo tutto noi, tanto che alla Bit abbiamo partecipato come ente provinciale, quando invece il turismo essendo una funzione non fondamentale, dovrebbe teoricamente andare in capo alla Regione”.

Quali sono le possibilità, in questo senso?
“Sono varie. Ci sono Regioni che hanno ri-delegato tutte le funzioni alle province, mettendoci un corrispondente finanziamento, altre che hanno invece lasciato agli enti territoriali soltanto le funzioni fondamentali. La Lombardia sembra abbia in programma di tenersi turismo e agricoltura, ma vi sono due diversi progetti e nessuno dei due completo: manca un disegno globale. Così come non abbiamo alcuna garanzia sul trasferimento o meno di risorse da parte della Regione stessa. Ad esempio, in Piemonte e Toscana la Regione si è presa le funzioni non fondamentali, mentre l’Emilia Romagna ha lasciato tutto in capo alle Province, naturalmente con un supporto economico”.

E lo Stato cosa sta facendo?
“Da parte dello Stato abbiamo la richiesta di ridurre del 50% delle spese del personale. A questo proposito, entro il 31 marzo dobbiamo fare uno screening dei vari settori dell’ente. Su 450 dipendenti, dunque, circa la metà dovranno essere ricollocati altrove. Il problema è che la situazione è ancora troppo indefinita: innanzitutto non abbiamo idea di come si concretizzeranno le nuove aree vaste e quali saranno i loro confini. In secondo luogo, come possiamo capire in quali settori tagliare il personale, dal momento che non sappiamo ancora quali funzioni terrà la Regione e quali invece resteranno in capo a noi? Per il momento stiamo suddividendo il personale in funzioni fondamentali e non, poi vedremo cosa fare, anche attraverso il confronto con i sindacati. Un confronto peraltro sereno: tutti si rendono conto che l’ente non ha alcuna colpa di quanto sta succedendo. La cosa certa è che vogliamo dare la priorità alle posizioni dei dipendenti, poi penseremo ai progetti”.

Non c’è preoccupazione da parte dei lavoratori?
“Certo, ma c’è anche la volontà di andare avanti, come dimostra il fatto che la struttura in questi mesi continua a funzionare alla perfezione in tutti i settori, dimostrandosi efficiente. Voglio infatti ringraziare i dipendenti che, nonostante la situazione critica, si impegnano tantissimo. Da parte nostra stiamo ipotizzando molteplici scenari possibili, ma per ora il quadro normativo va molto a rilento”.

Ma dove finirebbero, nell’ipotesi di un eventuale ricollocamento?
“Sarà la regione a deciderlo. Certo che è assurdo pensare che possano essere i comuni ad assorbire ogni dipendente, non vi sono le risorse. Si è parlato anche del tribunale, però poi ho scoperto che i posti liberi sono solo due. Purtroppo la Regione è in ritardo, non ci sono tempistiche certe, nonostante la partita avrebbe dovuto essere chiusa già al 31 dicembre. Intanto stiamo cercando di mettere delle pezze. Come è accaduto per la rete bibliotecaria, quando i Comuni hanno dovuto intervenire personalmente. Il problema è che se non arrivano risorse il mantenimento dei servizi ha delle ricadute sul territorio in termini di costi”.

Quali sono i paradossi più grossolani di questa situazione?
“Innanzitutto doveva essere un ente leggero, mentre invece sta gestendo ancora tutto. In secondo luogo è paradossale che pretendano da parte della Provincia di Cremona il versamento di 6 milioni allo Stato, quando poi ci continuano a tagliare le risorse e ci vogliono dismettere. Che senso ha chiedere soldi ad un ente che si sta cancellando?
C’è poi ancora in sospeso la risposta rispetto al patto di stabilità: siamo infatti in attesa che venga approvato l’emendamento che ci consentirebbe di sforare. Se esso non passasse, la situazione si complicherebbe ulteriormente”.

Accanto a questo, il lavoro della Provincia continua…
“A pieno ritmo. Ci sono delle pianificazioni che dobbiamo portare avanti e che hanno carattere di urgenza, come la Paullese, l’edilizia scolastica, il supporto ai Comuni. Più si dilatano i tempi, più la situazione si complica”.

Non aiuta neppure il fatto di non riuscire ad alienare i beni della Provincia…
“Purtroppo è difficile piazzare degli immobili, soprattutto in tempi di crisi come questo. La cosa certa è che Toscolano Maderno resta una priorità e si sta pensando di fare un’altra gara per vendere la struttura. Nel frattempo si è complicato anche il tema della cessione delle quote di Centropadane: finché non c’è la gara per l’affidamento della A21, non si sa infatti quale sarà il futuro dell’azienda, per cui è tutto bloccato”.

A proposito di immobili: ma la nuova sede che si stava costruendo agli ex Monasteri?
“Naturalmente ora è un discorso superato, tanto più che con il riassetto del personale una nuova sede non ci serve certo”.

Quanto pensa che l’ente possa resistere, alle condizioni attuali?
“Non posso ancora sbilanciarmi su questo tema, in quanto tutto dipende da quanto deciderà la Regione”.

Secondo lei quale può essere la soluzione migliore, per il nostro territorio?
“Sono dell’idea che nel 2015 la Regione debba prendersi in campo le funzioni non fondamentali e i dipendenti in esubero, in modo da salvare la situazione. Anche perché se delle Province andassero in default, sarebbe poi ben difficile riequilibrare le cose. Poi, per il 2015, si può ri-discutere tutto, eventualmente. Senza contare che una decisione che consenta di salvaguardare la struttura e di chiarire la situazione dei dipendenti, migliorerebbe senza dubbio anche il clima interno. Insomma, è urgente che si arrivi al più presto a una conclusione”.

Laura Bosio

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