Politica

Maroni si riprende la delega all'Agricoltura e lascia nel limbo tutto il resto

Agricoltura sganciata dall’Ambiente (finora le due funzioni erano gestite dallo stesso settore) e incognita totale su chi gestirà la maggior parte delle funzioni della Provincia. La patata bollente delle riforme istituzionali rimbalza dallo Stato alle Regioni, procedendo a spizzichi e bocconi, dopo che la legge di Stabilità approvata a dicembre ha dato la mazzata finale ai finanziamenti alle Province, che a malapena riusciranno ad esercitare le funzioni fondamentali attribuite dalla legge Delrio (trasporti, strade, edilizia scolastica). La Giunta regionale della Lombardia ha approvato lo scorso 30 dicembre il progetto di legge di riforma del sistema delle autonomie, un testo che ora viene demandato  al Consiglio regionale. “Abbiamo deciso – ha spiegato il presidente Roberto Maroni – di seguire il principio di confermare le competenze attribuite alle Province, con alcune eccezioni: Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca vengono ritrasferite alla Regione. Questo vale per tutte le Province, salvo che per la Città metropolitana di Milano e la Provincia di Sondrio”.  Restano per ora appannaggio delle Province (che però non hanno soldi per esercitarle) altre funzioni quali la Polizia provinciale, che un tempo la Lega Nord voleva far rientrare in un unico Corpo di livello regionale e le deleghe che già erano state trasferite dalla Regione, come quella al Lavoro e formazione professionale. Oltre che lo stesso, delicato, settore Ambiente.  “Visti i tagli effettuati con la legge di stabilità – spiega il presidente della Provincia Carlo Vezzini – era ben difficile che l’ente potesse esercitare le funzioni svolte finora, era quasi scontato che l’Agricoltura tornasse in Regione Lombardia”.

A spiegare meglio la ratio del provvedimento ci pensa l’assessore regionale all’Agricoltura, il mantovano Gianni Fava: “Mi sembra una soluzione molto equilibrata – ha dichiarato nei giorni scorsi alla Gazzetta di Mantova – Ringrazio la giunta di aver preso atto della specificità dell’agricoltura stabilendo un criterio in deroga al principio generale di lasciare le deleghe alle Province. In gioco ci sono i fondi del piano di sviluppo rurale dell’Unione Europea, stiamo parlando di un miliardo e duecento milioni di euro. Non potevamo rischiare di perderli, vista la situazione di forte confusione che sta vivendo la trasformazione delle Province»

Il progetto di legge, ha sottolineato il presidente lombardo, “tiene conto della specificità dei territori”. “La Città metropolitana di Milano esercita tutte le funzioni già conferite alla Provincia di Milano (comprese quelle in Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca) e ulteriori funzioni rispetto a quelle fondamentali previste dalla Legge Delrio, perché questo nuovo Ente è qualcosa di molto diverso dalle nuove Province”. Maroni non ha nascosto che il 2015 “sarà molto difficile per le Province, a causa dei tagli del Governo, in particolare per quanto riguarda il trasporto pubblico locale e l’edilizia scolastica, competenze esclusive delle Province, che la Regione, anche volendo, non potrà continuare a finanziare”.  Il Presidente lombardo ha anche ricordato che sulle nuove Province “pende pure la spada di Damocle della Riforma del Titolo V della Costituzione, che ne prevede la cancellazione. Si tratta dunque di un livello istituzionale che si trova in una sorta di ‘limbo’ e anche per questo non abbiamo voluto modificare, salvo due eccezioni, le competenze attuali”.

Viste queste difficoltà all’orizzonte, il governatore ha informato sulla decisione di mantenere attivo “l’osservatorio che avevamo istituito con i presidenti delle Province e con i sindaci delle città capoluogo, per arrivare al progetto di legge odierno”. “Abbiamo deciso di mantenerlo – ha detto -, per fare il monitoraggio della situazione, anche alla luce dell’altro elemento di criticità, oltre alla Legge Delrio, ossia la riduzione del personale, visto che il 50 per cento dei dipendenti delle Province verrà messo in mobilità. Per questo motivo, abbiamo deciso di allargare l’osservatorio anche al sindacato”.

Giuliana Biagi

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