L'invito, il pranzo, il taxi Il piano (quasi) perfetto di Bonazzoli
Ora che l’omicida, Luciano Bonazzoli, ha anche confessato, la vicenda dell’assassinio di Giorgio Gobbi, freddato a Viadana da due colpi di fucile e poi lasciato cadavere nel parcheggio del Centro Torri a Parma nel bagagliaio della sua Range Rover, si compone di nuovi tasselli che si incastrano come in un puzzle.
Vicenda ricostruita grazie ai carabinieri di Parma, guidati dal maggiore Gennaro Micillo – che hanno condotto le indagini e hanno fatto terra bruciata attorno all’assassino, costringendolo alla confessione – ma anche a dettagli arrivati da più province: l’intricato intreccio infatti coinvolge Parma, appunto, dove il cadavere è stato ritrovato, Cremona, dove tra Casteldidone e Cicognolo Gobbi viveva, Mantova, dove a Viadana l’omicidio si è consumato, e ora anche Brescia, dato che Bonazzoli, il cognato assassino, viveva a Gottolengo, frazione di Gambara, a pochi chilometri dalla zona di Piadena-Canneto.
Del resto il comprensorio Oglio Po è terra di confine, e questo caso di cronaca nera lo rimarca una volta di più. La tante domande stanno dunque ottenendo risposta: anzitutto l’omicidio sarebbe avvenuto di giorno, venerdì scorso, per la precisione all’ora di pranzo. Il movente già si conosce: Gobbi voleva indietro i 150mila euro in preziosi e orologi di marca che aveva consegnato in deposito al cognato. Probabilmente aveva avuto un passato violento e modi di fare non certo gentili, fatto sta che Bonazzoli, che si era giocato quei soldi ai videopoker, ha temuto una ritorsione nei suoi confronti e ha perso la testa, agendo di conseguenza.
Ora di pranzo, si diceva: gli inquirenti hanno infatti spiegato che Bonazzoli ha dapprima spento le telecamere di sorveglianza (Bonazzoli era nella sua ditta, dunque sapeva dove mettere le mani), poi ha invitato i dipendenti a pranzo, spiegando loro che li avrebbe raggiunti poco dopo. In quel modo né le telecamere né possibili testimoni potevano osservare l’omicidio. Gobbi muore colpito da due colpi di fucile, viene caricato nel bagagliaio della sua stessa macchina, la Range Rover, e poi Luciano Bonazzoli, 48 anni, va a pranzo con i colleghi, scusandosi per il ritardo.
Il ritorno in azienda, Bonazzoli sale sulla Range Rover dove ha già caricato da qualche ora il cadavere di Gobbi e l’arrivo a Parma. Nel mentre la compagna di Gobbi, preoccupata, segnala la scomparsa del 43enne, ignara ovviamente di quanto accaduto. Il corpo di Gobbi è nel parcheggio del Centro Torri, a Parma. Già, ma come torna a casa Bonazzoli, dato che l’auto resta lì? Un complice? Stando a quanto spiegato dagli inquirenti apparentemente no: l’uomo, per sviare le indagini e disseminare le sue tracce, cambia direzione e mezzi, usa un taxi e va molto a piedi. La via del ritorno è un puzzle, che riporta Bonazzoli da Parma a Viadana (dove il 48enne recupera la sua auto) a Gottolengo, a casa sua. Lo stesso puzzle che i carabinieri di Parma hanno smontato pezzo per pezzo.
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