Cultura

La chiesa cremonese nella Grande guerra nell'ultimo libro di don Bignami

La ‘piccola’ storia dei preti cremonesi dentro la grande storia della Prima Guerra Mondiale, di cui ricorre il centenario. Le diverse posizioni della chiesa, tra cui quella cremonese, nell’imminenza e durante il conflitto, diventano emblematiche del travaglio di un’intera nazione in quel terribile quinquennio che costrinse l’Europa a sperimentare la natura devastante della prima guerra moderna. A questo capitolo particolare di storia dedica due pagine Paolo Mieli  sul “Corriere della sera” del 25 novembre, anticipando i contenuti dell’ultimo libro di don Bruno Bignami, ‘La Chiesa in trincea. I preti nella grande Guerra’, editore Salerno, che verrà presentato il 6 dicembre a Roma, dall’autore, in una rassegna dedicata alla piccola editoria. Don Bignami è parroco di Picenengo, voce fuori dal coro nella diocesi cremonese, in prima linea sui temi etici dei beni comuni, presidente della fondazione don Mazzolari di Bozzolo. Un prete militante, nella capacità di prendere posizione su temi d’attualità e di politica, e che stavolta, a differenza degli ultimi libri dedicati a temi ecologici di portata mondiale, indaga lo stato d’animo dei cattolici cremonesi dal 1914 al 1918, tra entusiasmo interventista e ripudio della violenza. Fino al 1914 molti  cattolici avevano sostenuto la bontà di una scelta bellica soprattutto in funzione anti austriaca e per “affermare la democrazia nella vita interna dell’Italia e a livello internazionale”. Su questa linea erano d’accordo ad esempio Giuseppe Donati e Eugenio Vaina de Pava, mentre lo stesso don Primo Mazzolari (poi fervente pacifista perseguitato dal fascismo) si fece cappellano militare.

I cremonesi don Illemo Camelli da un lato e il vescovo Cazzani dall’altro, sono emblematici di come il mondo cattolico si divise al proprio interno. Il primo, ricorda don Bignami, ex socialista, ispiratore dei giornali La Provincia e la Squilla, testimoni di incondizionata adesione alla guerra; il secondo, meritevole di una citazione da parte di papa Benedetto XV (quello che definì la prima guerra mondiale un’inutile strage) che in un’intervista al quotidiano francese La Libertè, poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia, disse che il presule cremonese lo aveva informato  che militari italiani avevano preso i ostaggio 18 preti austriaci, criticandone l’operato. Entrambi i prelati vennero attaccati dal primo ministro in carica, Salandra. Don Bignami ripercorre poi gli alti e bassi tra Chiesa cremonese e potere politico durante tutti gli anni della guerra, riportando  brani del giornale La Provincia. Che riferiva, ad esempio l’ostilità di molti sacerdoti verso il loro vescovo che aveva troppo preso le difese di Miglioli; sovvenzionandone anche il giornale l’Azione, attraverso soldi della cassa eccelesiatica. Fino alla richiesta di rimozione del vescovo, mai andata in porto. Della Chiesa cremonese vengono ricordati anche il parroco di Soresina don Zaccaria Priori, sospettato di disfattismo per essersi uniformato alle critiche alla guerra di Benedetto XV; don Carlo Gamba, parroco di Casalbuttano e protagonista di uno scontro con un altro cremonese, ma al Governo, il ministro Ettore Sacchi; Michele Favero, insegnante presso il collegio dei Barnabiti.

Uomini, i protagonisti dei fatti narrati da don Bignami, di elevata statura politica e intellettuale, espressi da un territorio cremonese che poi, successivamente alla caduta del fascismo, il ceto politico locale è riuscito  a replicare in maniera via via decrescente, fino ai giorni nostri.

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