Cronaca

L'umidità danneggia l'armadio del Platina conservato in pinacoteca

Cade a pezzi il prezioso armadio del Platina, custodito in pinacoteca a Cremona. Le antelle si sono incurvate e non si chiudono più. La causa? Un problema all’impianto di microclimatizzazione che si è bloccato lo scorso marzo ed è rimasto spento per tre mesi. Questo ha provocato dei danni irreparabili.

L’ armadio, di proprietà della chiesa, ma “adottato” dal Comune, che lo ha fatto restaurare da Vincenzo Canuti, è stato costruito alla fine del XV secolo da Giovanni Maria Platina per la sacrestia del Duomo, doveva contenere i corali della cattedrale. Dopo un restauro durato 4 anni e dopo essere rimasto per 53 anni nei depositi del museo Ala Ponzone, è stato esposto al pubblico.

Unico nel suo genere a livello mondiale è stato collocato nella sala del ‘400 della pinacoteca cremonese. La Curia cremonese lo ha monitorato per due anni con sette sensori interni ed esterni, coinvolgendo il fisico del Cnr di Padova Dario Camuffo, autore della normativa europea sul microclima e conservazione delle opere lignee, il massimo delle autorità in italia nel campo del legno. L’osservato speciale non ha mai avuto problemi. Tuttavia, una volta stabilito il microclima ottimale, è successo che prima a dicembre 2013 e poi da marzo a giugno del 2014 l’impianto di microclimatizzazione si è rotto e non è mai stato aggiustato.

In questi mesi l’armadio ha riportato danni irreparabili, antelle incurvate oltre a fessurazioni dall’esterno all’interno. Monsignor Achille Bonazzi, Responsabile dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Cremona spiega che le condizioni sono molto preoccupanti. E che l’armadio, ora, necessita di un nuovo restauro. Per mantenere a pieno le sue condizioni, esso ha bisogno di un microclima costante con un’umidità attorno al 60% e una temperatura ddi 18 gradi.

A giugno la giunta Galimberti ha subito cercato di porre rimedio alla situazione e ha predisposto un finanziamento per sistemare la sala del 400, dove è attualmente collocata l’opera. Ma ormai il danno è fatto.

Silvia Galli

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