Pedinata e palpeggiata alla stazione, un anno e quattro mesi all'imputato
Un anno e quattro mesi, pena sospesa, all’indiano che l’11 agosto del 2010 alla stazione di Olmeneta l’aveva seguita, palpeggiata e apostrofata con espressioni volgari. L’uomo, 36 anni, residente a Casalbuttano, giudicato colpevole del reato più lieve di violenza sessuale, dovrà anche risarcire la vittima, una cremonese di 25 anni, di duemila euro. Così è stato disposto dal collegio, presieduto da giudice Maria Stella Leone con a latere i colleghi Francesco Sora e Christian Colombo, dopo le conclusioni delle parti. L’accusa, rappresentata dal pm Fabio Saponara, aveva chiesto per l’imputato un anno, pena sospesa. “Non ci sono dubbi sulla responsabilità dell’imputato in ordine ai palpeggiamenti e ai toccamenti”, ha detto il pm, che ha ritenuto assolutamente credibile la versione della cremonese, che a processo era parte civile attraverso l’avvocato Chiara Tomasetti. In aula il legale di parte civile ha ricordato la testimonianza dell’amico della vittima che avrebbe dovuto incontrare la sua cliente a Brescia per visitare una mostra. Lui era su un altro treno e lei gli aveva telefonato terrorizzata, raccontandogli l’accaduto. “L’amico ha trovato la mia cliente impietrita”, ha detto l’avvocato Tomasetti, “immobile, tanto che lo stesso testimone si era attivato al suo posto per chiamare la polizia”. Secondo l’accusa, nella sala d’aspetto della stazione, l’indiano si era seduto vicino alla giovane alla quale all’inizio aveva fatto complimenti e avances, e poi era passato ai fatti, palpeggiandola nelle parti intime. Poi lui l’aveva seguita sul convoglio per proseguire con i palpeggiamenti. L’indiano si era seduto vicino a lei anche apostrofandola con battute volgari. Completamente diversa la versione fornita dall’imputato in merito ai fatti. L’uomo aveva raccontato di aver chiacchierato con la ragazza, di essere andato al bar con lei, ma aveva negato i toccamenti, sia in sala d’attesa che sul treno. Il legale della difesa, l’avvocato Stefano Ferrari, si è rifatto alle testimonianze di due connazionali dell’imputato che quel giorno viaggiavano sul treno per Brescia. I due indiani, che non conoscevano il 36enne, avevano dichiarato che tra i due sembrava essersi un “corteggiamento reciproco”. “La presunta vittima”, si è chiesto l’avvocato Ferrari, “sarebbe stata molestata in sala d’aspetto, seguita sulla banchina della stazione e pedinata anche sul treno. Tutto, però, in totale assenza di testimoni. Lei non ha mai chiesto aiuto a nessuno, né al capotreno, né al bigliettaio, né ai passeggeri. Non è credibile”. I giudici, però, hanno dato ragione ad accusa e parte civile. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni, dopodichè l’avvocato Ferrari deciderà se andare in appello.
Sara Pizzorni
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