Sul ponte (di Matteo) sventola camicia bianca
Domanda d’obbligo dopo aver visto gli euro-sirenetti alla Festa dell’Unità di Bologna: basta una camicia bianca a svecchiare il Paese? Matteo Renzi si è presentato alla chiusura della kermesse progressista in camicia bianca griffata Scervino insieme agli astri nascenti della sinistra europea, a partire dall’acclamatissimo leader spagnolo del Psoe, Pedro Sanchez, professore di economia. Sul palco c’erano, con loro, i migliori fichi del bigoncio europeo: Post (tedesco), Samson (olandese),Valls (francese). Un quintetto predisposto a creare l’evento mediatico per ribadire i punti cardine del proprio disegno politico che hanno sintetizzato con lo slogan “Basta con i gufi”. D’Alema e Bersani sono ormai del tutto rottamati. D’accordo, la foto del quintetto in camicia bianca ha fatto il giro del mondo, ha sollecitato i commenti più disparati: a Marcello Veneziani, ad esempio, il rito bolognese è sembrato “una festa di quaresima” ed il quintetto una “comitiva di cresimandi” in rappresentanza dell’Europa di sinistra “dopo la candeggina del nuovismo”. Epperò la trovata ha fatto centro. Renzi ha avvertito i nemici del Pd: “Il mio posto? Aspettate il 2017”. Ci arriverà? La fronda Pd sgomita, è tignosa, ma non ha un grande seguito.“Vogliono tutti stare con Renzi” dicono molti dirigenti filo-premier “non per amore, magari, ma perché quel 40% delle Europee ha chiarito a tutti che la sua è l’unica leadership possibile, per gli anni a venire, e dunque conviene stare con lui”.
Renzi a Bologna non ha detto nulla di definitivo. Ha fatto un discorso di gran propaganda. Ha rimarcato l’orgoglio democratico e il carattere pluralista del Pd, omaggiando Bersani che si è commosso (capirai) placando per un po’ le inquiete acque rosse e rosè del partito, di fatto aprendo la via alla gestione unitaria. Già che c’era Matteo ha pure ricordato lo “straordinario successo elettorale”, la voglia di “cambiare l’Europa”. E poi la stilettata al cuore: “Pensiamo più alle famiglie e meno alle banche”, “Junker mantenga la promessa dei 300 miliardi di investimenti”. Calma Matteo, sono sì 300 miliardi (per investimenti). Ma spalmati in 5 anni. Perchè non l’hai detto? L’impresa di risollevare il Paese non è facile nemmeno nei pianificati “mille giorni”. Le rogne sono arcinote: disoccupazione, deflazione, debito pubblico, burocrazia ,tasse da primato mondiale, establishment vecchio ma inaffondabile che flirta con i carrozzoni frenando le riforme (vere). Certo il look informale di Renzi e soci a Bologna sarà anche stato un messaggio mediatico diretto ai “salotti buoni”. Un messaggio per dire bisogna cambiare tutti insieme. Nella strombazzata Cernobbio (dove Renzi non ha voluto andare) c’erano per lui tutti quelli che da trent’anni predicano senza far fare al Paese un solo passo avanti. Avranno raccolto? E allora? Allora bisogna ripartire non tanto – e non solo – da soluzioni economiche e finanziarie. Quella che stiamo vivendo e soffrendo dal 2009 non è (a mio avviso) una crisi economica e finanziaria tout court che si risolve con due-tre provvedimenti su Fisco e lavoro. Quella che stiamo vivendo è una crisi più profonda, è una crisi culturale. Per uscire davvero dal tunnel più che di “soluzioni tecniche” abbiamo bisogno di un cambiamento culturale. Abbiamo bisogno che questa Politica, chiusa ed avvitata in sé da vent’anni, trovi nuovi percorsi, nuovi pensieri, nuove parole d’ordine e coraggio. Rimettendo al centro l’uomo, le idee,l a collettività. Per scalzare il “sistema lasso” (F.Alberoni) in cui siamo finiti – fatto di aree degradate, eccessiva tolleranza, prepotenze di malloppisti, corruzione, vecchie facce di tolla, riforme inutili per obbedire all’Europa, pietoso e dannoso buonismo, eccetera – occorre una svolta epocale che gli intellettuali (poca roba in Italia) da troppi anni non sanno offrire. Ora i nodi sono venuti al pettine (persino in casa Ferrari). Forse la rivoluzione italiana è cominciata. Che Dio ce la mandi buona.
Enrico Pirondini