Cronaca

Rivolta in carcere dei detenuti, spuntano pezzi di vetro: agenti minacciati

Veri e propri momenti di tensione si sono registrati ieri nel carcere di Cremona. Protagonista, una trentina di detenuti, alcuni addirittura ‘armati’ con pezzi di vetro, che si sono rifiutati di entrare nelle loro celle, minacciando gli agenti della polizia penitenziaria che stavano cercando di ripristinare l’ordine. Solo in serata, nel penitenziario di via Cà del Ferro, sarebbe tornata la calma. Per fortuna, nessuno è rimasto ferito. La rivolta del 27 agosto è stata un fatto eclatante anche per chi, lavorando nel carcere, tutti i giorni è testimone di fatti al limite della denuncia o di autolesionismo.  La carenza di personale educativo, o forse carenze nell’utilizzo del personale disponibile, è particolarmente sofferta da parte dei detenuti nell’ultima parte della detenzione, quando si avvicina il momento dell’uscita. Gli educatori infatti svolgono un importante funzione di raccordo con l’esterno, danno la possibilità di aumentare il numero di visite consentite o di ottenere più permessi premio, se ci sono le condizioni. Il venir meno di questi momenti relazionali con gli educatori deve aver fatto da detonatore a una rivolta che a Cà del Ferro è sempre allo stato latente. Quattro sono gli educatori in pianta organica,  di questi però uno è stato assegnato altrove e di fatto in servizio ce ne sono 2. Non tanti, ma un numero adeguato “se fossero mesi nelle condizioni di svolgere il loro compito”, afferma la segretaria della Cgil funzione pubblica Maria Teresa Perin, che definisce “gravissimi” i fatti del 27 agosto, “un forte atto di ribellione” che sembra sia dovuto alla “latitanza del personale educativo nei confronti dei detenuti”. “A Cremona”, si legge nella nota, “sono tre gli educatori presenti, ma di fatto solo due, hanno (o dovrebbero avere) rapporti diretti e costanti con i detenuti, perché la terza figura opera esclusivamente in ufficio. Il primo compito del carcere è rieducare e, quindi, il primo compito dell’educatore è quello di ‘portare la società e le sue regole dentro le mura della prigione’. Non solo, l’educatore è anche colui che, osservando regolarmente  e parlando con il detenuto, è in grado di porre in essere tutta una serie di interventi che lo possono aiutare a godere di una serie di piccoli vantaggi utili a migliorare la qualità della detenzione. Se questo intervento viene meno o è assolutamente insufficiente, come invece pare accada a Cremona, non ci si può stupire dei continui (e reiterati nel tempo) atti di autolesionismo, dei ripetuti tentativi di suicidio  e di tanti atteggiamenti fortemente aggressivi tra detenuti e anche nei confronti dei lavoratori preposti alla loro sorveglianza. E questo proprio non va, il carcere, infatti, è anche un luogo di lavoro”.

Per la Fp Cgil, “la casa circondariale di Cremona (e certo non solo per la questione educatori)  è da troppo tempo una polveriera pronta ad esplodere: tanti sono i motivi di disagio e di protesta anche tra i dipendenti e l’alto tasso di assenteismo dovuto a malattia dovrebbe essere un segnale inequivocabile del  malessere in cui versano molti lavoratori. Riteniamo che alla base di ciò vi sia una forte responsabilità ascrivibile anche alla dirigenza locale che non è intervenuta come a nostro avviso avrebbe dovuto, al fine di garantire, sia alla popolazione carceraria  sia ai dipendenti, polizia penitenziaria in primis, la tutela della salute psicofisica e la sicurezza. Ci auguriamo che il grave accadimento di ieri (per fortuna senza drammatiche conseguenze) possa costituire lo sprone per un intervento radicale al fine di migliorare le condizioni di vita di chi nel carcere è ospitato e di chi vi lavora”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...