Cronaca

Tamoil, parla la difesa: 'Il disastro colposo non è previsto come reato'

Spazio ai difensori Tamoil in quest’altra udienza del processo ‘madre’ che vede imputati cinque manager della raffineria cremonese accusati di avvelenamento delle acque e omessa bonifica. Per loro il pm Fabio Saponara ha già chiesto condanne che vanno da un minimo di 6 anni e 8 mesi ad un massimo di 13 anni, pene già ridotte di un terzo per il rito abbreviato, mentre le parti civili, solo come provvisionale, hanno chiesto 1.660.000 euro di risarcimento danni.

La scorsa udienza ha parlato l’avvocato Riccardo Villata, che assiste l’amministratore delegato di Tamoil Enrico Gilberti, mentre oggi e’ toccato al collega Giacomo Lunghini, che assiste Ness Yammine, libanese, amministratore delegato dal 2006 della Tamoil Raffinazione e amministratore delegato e direttore generale della Tamoil Italia. Il legale ha affrontato il primo capo di imputazione, quello del disastro colposo, di cui sono accusati anche Gilberti e Mohamed Saleh Abulaiha, quest’ultimo libico, direttore generale della Tamoil Raffinazione dal 2007. Per i tre imputati, solo per il primo capo di imputazione, il pm ha chiesto un anno e sei mesi di reclusione ciascuno.

L'avvocato della difesa Lunghini

Per l’avvocato Lunghini, il reato di disastro colposo non esiste nel codice. Il legale ha spiegato di aver discusso “l’insussistenza del fatto perché non c’è mai stato pericolo di esplosione, in quanto le aree nelle quali era presente l’atmosfera esplosiva erano estremamente ridotte”. “Peraltro”, ha aggiunto l’avvocato, “non potevano esplodere per assenza di innesco, essendo stata staccata l’elettricità”. Per Lunghini, “non c’era pericolo per l’incolumità pubblica, in quanto  le aree era state isolate grazie all’immediato intervento ti Tamoil”. “Nessun rimprovero”, per la difesa, “può inoltre essere mosso agli imputati, posto che i gas interstiziali erano sotto osservazione in tavoli tecnici ai quali partecipavano enti e professionisti altamente qualificati che nulla hanno ipotizzato di un fenomeno che si è rivelato come assolutamente imprevedibile e che comunque è stato neutralizzato al suo primo insorgere”. “L’aspetto più incredibile”, per Lunghini, “rimane però quello che giuridicamente deve essere trattato per ultimo. Invero il fatto, oltre a non sussistere e a non costituire reato, non è nemmeno previsto dalla legge come reato perché per il codice penale italiano il pericolo di disastro innominato è punibile solo se commesso con dolo diretto e non per colpa. Che si sia fatto un processo e si sia chiesta addirittura una pena in assenza di una norma è circostanza sintomatica”.

I fatti contesti erano accaduti a Cremona tra il maggio e il giugno del 2008. “In cooperazione colposa tra loro, non prevedendo, per imprudenza ed imperizia, la dispersione nell’ambiente di vapori esplosivi”, gli imputati non avrebbero “adottato tempestivamente misure di sicurezza idonee ad aspirare i gas infiammabili sprigionatisi dal sottosuolo, gravemente contaminato per la presenza, nel suolo e nella falda superficiale, di idrocarburi, con conseguente grave e concreto pericolo di esplosioni che avrebbero messo a repentaglio la pubblica incolumità. In particolare, i rilievi effettuati dai vigili del fuoco registravano alla Bissolati la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni sia nei pozzetti dei sottoservizi, sia negli edifici adibiti a preparazione e consumazione pasti; alla canottieri Flora la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni all’interno dei pozzetti dell’impianto elettrico di terra nel parcheggio interno; nello spazio libero adiacente il Circolo Cral Tamoil e l’abitazione di Mario Manzia la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni in corrispondenza di un pozzetto dei sottoservizi elettrici, mentre al Circolo Cral Tamoil la presenza di vapori esplosivi in condotti di servizio e pozzetti d’ispezione; situazioni che imponevano all’autorità comunale l’adozione di ordinanze di divieto di accesso ai circoli ricreativi e il distacco cautelativo dell’energia elettrica per evitare che scintille elettriche potessero provocare esplosioni”.

Domani (venerdì 27 giugno) proseguiranno le arringhe difensive.

Sara Pizzorni

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