Cronaca

Processo canile, la funzionaria comunale: 'Mai fatto controllo contabile'

E’ ripreso con l’esame di altri testimoni il processo sulle presunte uccisioni e sui maltrattamenti di animali che si sarebbero verificati al canile comunale di via Casello. Cinque le persone a processo: Maurizio Guerrini e Cheti Nin, presidente e vice della passata gestione dell’Associazione zoofili cremonesi, le due volontarie Elena Caccialanza e Laura Gaiardi e la veterinaria referente Asl Michela Butturini. Nell’indagine c’è anche un capitolo sulla gestione di soldi pubblici e privati e di quattrini prelevati “senza giustificato motivo dal conto corrente della passata gestione dell’Associazione” sul quale gli inquirenti avevano trovato 535.000 euro: soldi depositati in una banca della città, un saldo ritenuto “molto alto per un’associazione con fini di lucro”.

Tra i testi sentiti dal collegio presieduto dal giudice Pio Massa (a latere i giudici Andrea Milesi e Francesco Sora), Cinzia Vuoto, dal 1997 funzionario dell’ufficio Ecologia del Comune, il cui compito e’ quello di gestire i rapporti con l’Associazione zoofili cremonesi che a sua volta gestisce il canile comunale in forza di una convenzione che all’inizio veniva rinnovata di anno in anno, poi dal 2005 per 10 anni. “Non sono mai emerse nè irregolarità, nè contestazioni”, ha detto la Vuoto, chiamata a deporre dalla difesa di Cheti Nin. “La convenzione”, ha spiegato, “ha per oggetto la gestione della struttura e la cura degli animali. Il Comune erogava ed eroga un contributo di 150.000 euro all’anno”. Nel rispondere alle domande dell’avvocato Ennio Buffoli, la funzionaria ha detto che “nel 2005 e nel 2006 la struttura aveva problemi, bisognava ristrutturarla, ma poiché i fondi del Comune sono quelli che sono, il ministero aveva fatto un bando a cui aveva partecipato anche l’Associazione che aveva ottenuto un finanziamento di 50.000 euro. L’anno successivo anche il Comune aveva partecipato al bando, ottenendo la stessa somma”. Soldi destinati alla ristrutturazione che, stando alla previsione di spesa, sarebbe costata 170/ 200.000 euro, come ha confermato anche il geometra Elisabetta Soldani, tecnico dell’ufficio Ecologia de Comune. “Avevo rapporti con la Nin”, ha aggiunto la Soldani. Anche per la Vuoto “il contatto diretto era la Nin”.

Nell’udienza, la Vuoto ha parlato di finanziamenti. Ma se all’avvocato Buffoli ha confermato che “nell’ambito del rinnovo della convenzione veniva fatta una verifica contabile”, al pm Fabio Saponara ha chiarito che “acquisivamo dall’Associazione il rendiconto delle spese sostenute”, ammettendo poi che “io personalmente non ho mai fatto il controllo contabile”.
Si è poi passati a trattare il tema delle carcasse custodite nella cella del rifugio e poi smaltite. Dalla testimonianza della Vuoto è emerso che le carcasse venivano prima smaltite dall’Aem, poi, in base ad una convenzione, da una ditta esterna. E’ anche emerso che il Comune aveva una convenzione con altri 42 comuni per lo smaltimento delle carcasse che venivano portate nella cella del rifugio. Nella sua testimonianza la Vuoto si è rifatta più volte alle convenzioni, provocando interventi del presidente Massa che ha chiesto di calarsi nella realtà e di non rispondere rifacendosi a convenzioni e normative.  La Vuoto ha anche aggiunto che “la Nin ci diceva che i veterinari portavano gli animali morti al canile”. Una risposta che ha provocato una nuova reazione del presidente Massa. “Nella vita reale che un veterinario porti al canile un cane che gli muore sotto i ferri non ci credo, lei di quello che non sa dica che non lo sa, non citi le convenzioni”.

Nella cella frigo del canile finiva tutto quello che si trovava per strada: cani, nutrie, e persino suini e bovini morti in incidenti. Lo ha confermato Giacomo Reali, responsabile della manutenzione di parchi e giardini. Tre volte in un anno Reali andava al canile a svuotare le celle. “Non ho mai pesato le carcasse”. Nel caso del canile, i fatti contestati vanno dal 2005 ai primi di marzo del 2009, giorno del sequestro della struttura comunale. Reali, però, è andato in pensione molto tempo prima: il primo febbraio del 2006.

Un altro teste sentito a processo è Giuseppe Torchio, commerciante di farmaci ad uso veterinario e di attrezzature per animali. Torchio ha avuto relazioni commerciali con l’Associazione zoofili, e nel suo negozio i carabinieri del Nas, durante l’indagine, avevano effettuato un controllo di alcuni farmaci, tra cui gli eutanasici Tanax e Pentothal Sodium. Al collegio, il teste ha detto di aver venduto “una trentina, massimo una quarantina di confezioni all’anno”. Ma dagli atti, come gli ha fatto notare il pm Saponara, risulta ad esempio che nel 2005 erano state vendute 400 confezioni di medicinali, mentre nel 2006, 284. Inutile, però, come ha fatto notare in aula anche il presidente Massa, soffermarsi sulle carte, già tutte a disposizione del collegio dei giudici. “Certo che conosco Cheti Nin”, ha poi riposto Torchio ad un’altra domanda del pm. “La conosco da vent’anni. Una persona per bene. Se la incontro, ci bevo un caffè”.

La prossima udienza è stata fissata al 16 maggio.

Sara Pizzorni

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