Associazione genitori in campo contro la "cultura gender"
“No all’insegnamento della cultura gender nelle nostre scuole”: questo l’appello che l’associazione A.Ge (Associazione genitori) di Cremona lancia agli istituti scolastici del territorio, chiedendo di non aderire alla attuazione al documento “Strategia Nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”. “Questo documento – fa sapere l’associazione -, le cui indicazioni possono essere attuate all’interno di Progetti apparentemente consueti, come la prevenzione del bullismo o altro (i quali a loro volta possono godere di finanziamenti pubblici), in determinati contesti è stato utilizzato per introdurre nelle scuole l’ideologia “gender” e le tematiche Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), talora con esemplificazioni fin troppo concrete e dettagliate.
L’A.Ge. è favorevole ad azioni formative per la prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione, comprese relative agli orientamenti sessuali: i suicidi di giovani, vittime della cattiveria di compagni, o anche solo la loro emarginazione, non possono non colpirci dolorosamente come Associazione di genitori e come genitori. Purtroppo però, dietro a questi giusti obiettivi, si affacciano anche scopi ben diversi, neppure tanto nascosti, come quello di “far conoscere nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori” (dalla Strategia citata)”.
Insomma. secondo l’associazione è corretto prevenire qualsiasi forma di discriminazione, ma non lo è “far passare l’ideologia gender come la normalità, quasi in contrapposizione alla famiglia “naturale” – spiega Piervincenzo Gabbani, presidente dell’A.Ge di Cremona -. Il nostro scopo è evitare che anche nelle nostre scuole si svolgano incontri di promozione della cultura gender: a questo proposito stiamo diffondendo un vademecum tra i genitori affinché vigilino sulla situazione. Qualora si verificassero esorteremo i genitori a non mandare i figli a scuola in quelle circostanze. Non è una questione di discriminazione, ma riteniamo non sia corretto stravolgere in questo modo la concezione tradizionale della famiglia, quasi non rappresentasse la normalità.
Non possiamo accettare che la modalità affettiva dei genitori comunemente conosciuta come base per la famiglia e la procreazione, sia considerata un “pregiudizio” o comunque sia messa alla pari con altre “modalità”, pur legittime a livello personale”.
L’A.Ge sta quindi diffondendo una lettera tra i genitori in cui chiarisce la propria posizione sulla questione, dando voce alle perplessità delle famiglie. “Il documento sulla prevenzione delle discriminazioni non ha alcun valore di legge e non può quindi essere presentato come un obbligo, a cui le scuole debbano sottostare, di fare corsi agli alunni – fa sapere l’associazione. “Di fatto, esso contiene numerose mancanze e violazioni di diritti e per questo è stato oggetto di una diffida (18/12/2013) da parte dell’Associazione ‘Giuristi per la vita’. Inoltre esso è palesemente incompleto perché manca qualsiasi riferimento alla responsabilità dei genitori, il cui ruolo nell’educazione, in particolare su un tema educativo così importante e delicato, è riconosciuto dalla Costituzione e da tutte le leggi sulla scuola.
A.Ge esorta quindi i genitori di tutte le scuole di ordine e grado – dai nidi alle superiori – a vigilare: “Se siete a conoscenza di corsi o incontri su questi temi tenuti agli alunni da soggetti esterni senza la preventiva approvazione del CdC/CdI, del Collegio Docenti e dei Consigli di classe, in accordo con la componente dei genitori, vi preghiamo di segnalarcelo con urgenza perché l’A.Ge. denunci il tutto alle Istituzioni competenti (Miur). Soprattutto a livello di primo ciclo (infanzia, primaria, secondaria di 1° grado) il tema deve essere dibattuto a fondo fra i genitori della classe/scuola, o con le loro Associazioni riconosciute, o nei Comitati genitori dove questi esistono, in modo che il CdC/CdI possa deliberare sapendo qual è il desiderio della maggioranza dei genitori di quella scuola. I genitori devono conoscere in anticipo i contenuti degli incontri e anche partecipare alla loro organizzazione, se lo ritengono opportuno; inoltre devono avere facoltà di chiedere che il loro figlio non vi partecipi, senza alcuna discriminazione che ne consegua. I genitori devono esigere che per le attività di educazione affettiva, essendo esse aggiuntive rispetto alle attività curricolari, sia preventivamente recepito il consenso delle singole famiglie. Infine, poiché è prevista la distribuzione gratuita di opuscoli su questi temi, dobbiamo esigere che sia osservata la disposizione che prevede il consenso preventivo dei rappresentanti dei genitori nei Consigli di classe, interclasse o intersezione, nonché l’approvazione del Consiglio di Circolo/Istituto”.
Di questa campagna “anti-gender” qualcosa si era già vociferato nei giorni scorsi: durante la manifestazione dell’Arcigay svoltasi domenica scorsa in piazza Stradivari, in contrapposizione con la manifestazione delle “Sentinelle in piedi”, il segretario provinciale di Sel, Gabriele Piazzoni, aveva manifestato la propria preoccupazione in merito all’intervento dell’Age nelle scuole contro l’insegnamento della teoria gender. “Per noi si tratta di una campagna contro le discriminazione e la prevenzione di episodi tragici, come i suicidi di ragazzi gay, che purtroppo possono capitare nelle scuole” aveva detto Piazzoni.
Laura Bosio
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