Benetton chiude nel silenzio di chi amministra Anche lo storico Jeansmania getta la spugna
Due storie di fine attività molto diverse tra loro, entrambe emblematiche di una Cremona sempre più spenta. Tra corso Garibaldi e corso Campi (ma si potrebbe aggiungere anche corso Mazzini e via Solferino) si consuma la crisi di una città attraverso i suoi negozi, più o meno storici. Ecco le due storie.
JEANSMANIA – Negli anni Ottanta era stato uno dei primi negozi a portare a Cremona le marche di abbigliamento anglosassoni che spopolavano tra i teen agers. Erano anni in cui i negozi cremonesi erano quasi soltanto classici. Tina Chiodelli e Maurizio Bisleri portarono una ventata di novità e ben presto anche i colleghi capirono che dovevano adeguarsi. Erano anni in cui i ragazzi giravano con qualche soldo in più in tasca; le signore non disdegnavano di svecchiare l’armadio, e comprare una cintura El Charro a 80mila lire non era una rarità. Oggi, con merce di qualità e provenienza dubbie ma che costa dieci volte meno, il confronto non è nemmeno proponibile. E difatti Tina e e Maurizio gettano amaramente la spugna e mettono sul mercato la loro attività. Il cartello ‘vendesi’, quello che di solito si mette sulle porte delle abitazioni, è appeso alla porta d’ingresso del negozio di corso Garibaldi 105. I titolari sperano che qualcuno, magari una coppia come loro, abbia la voglia e il coraggio di gettarsi nell’avventura commerciale. Loro l’avevano fatto aprendo in via XX Settembre, poco prima dell’Aci e poi traslocando nel 1995 nel più prestigioso corso Garibaldi, con un allestimento in stile old west che ancora oggi non ha nulla da invidiare ai più recenti interni commerciali. Il crollo del valore delle licenze (un tempo faticosamente acquistate) ha praticamente azzerato l’avviamento, che fino agli anni Novanta aveva costituito una sorta di Tfr per i titolari di ditte commerciali. Oggi la speranza di Tina e Maurizio è che qualcuno possa rilevare il valore dell’insegna, ma le aspettative, vista la miriade di negozi vuoti che ci sono in giro, non sono delle migliori. Da qualche anno hanno aggiunto all’attività in sede fissa anche quella sui mercati. Ma ormai anche lì – affermano – la loro merce non riesce più a competere con gli articoli da tre, cinque, dieci euro dei marocchini.
Molta amarezza da parte di Tina (“Grazie alla Fornero, oltretutto devo aspettare altri due anni per la pensione”) e la triste vista degli scaffali mezzi vuoti in un settore in cui la moda impone cambi di assortimento settimanali e proposte sempre nuove.
BENETTON E SISLEY – Ma se i “piccoli” faticano a stare al passo e a reggere la concorrenza delle catene e dei centri commerciali, nemmeno i grandi sono al sicuro. O meglio a soffrire sono i loro dipendenti, come le nove commesse di Milano Report (100% Benetton) a cui a febbraio è stato comunicato il licenziamento collettivo a far data dal 1 aprile. La notizia è già uscita nella totale indifferenza dell’amministrazione comunale, che pure dovrebbe essere interessata al futuro del primo corso commerciale cittadino. Tra poco più di due settimane tre negozi (Benetton adulti, il vicino 0-12 e il Sisley) chiuderanno i battenti, come un’altra ventina di locali in giro per l’Italia. Nove le dipendenti dei tre negozi di corso Campi, tutte donne, tra i 25 e i 51 anni, a tempo indeterminato e tra le quali un’apprendista. I sindacati si stanno muovendo perchè qualcosa non quadra nel loro licenziamento: tra i negozi destinati a chiudere alcuni sono da poco stati premiati per il pieno raggiungimento dei migliori target di vendita nel 2013 . Eppure sulla lettera si legge che “i motivi che rendono inevitabile l’attivazione del provvedimento di cui sopra sono da ricercarsi prevalentemente nel perdurare della situazione di crisi dei mercati nazionali ed internazionali”. “Persistente riduzione delle vendite” che rende “non più differibile la chiusura di un numero limitato di negozi sul territorio nazionale, in quanto non riescono più a sostenersi nella attuali condizioni critiche di mercato”.
La lettera fa riferimento in particolare ai costi fissi e di struttura, che stanno erodendo il margine di guadagno. Quindi affitti e costo del personale. Affitti stellari per i tre negozi di corso Campi, in una caso addirittura 10mila euro al mese.
LA LETTERA AL COMUNE – Le dipendenti hanno scritto al consigliere con delega al Commercio Domenico Maschi, criticando il totale disinteresse del Comune sia per la loro situazione personale, sia per il prossimo, desolante contesto in cui si troverà corso Campi. Oltre al palazzone da tempo vuoto dell’ex farmacia centrale, si aggiungeranno infatti altre quattro vetrine spente. “Dal 1 aprile – si legge – nove persone rimarranno senza lavoro, dopo aver contribuito per anni a incentivare il commercio cittadino e dando una buona immagine di Cremona e della sua ospitalità. Essendo radicati sul territorio da più di trent’anni crediamo che buona parte della gente che acquista in città si rivolga a noi come punto di riferimento.
In questi giorni abbiamo ricevuto tantissimi attestati di solidarietà da parte di cittadini, anche non clienti, sconcertati dell’accaduto. Ma sono gli unici. Quindi ci chiediamo: ‘Come categoria siamo meno importanti di altre?’ E’ lodevole l’impegno profuso dall’amministrazione nell’esaltare ciò che rende unica Cremona in tutto il mondo, grazie alla liuteria, ma d’altro canto è doveroso offrire servizi a chiunque si trovi di passaggio, non solo bar e ristoranti. Noi ci troviamo come in un limbo, non conosciamo ancora quale sarà la nostra sorte, visto che ad oggi non sappiano se avremo cassa integrazione, mobilità o solo disoccupazione. L’unica certezza è il totale disinteresse da parte dell’Amministrazione. La ringraziamo per l’attenzione augurandoLe buona giornata”. Da notare che a Pescara la mediazione dell’amministrazione comunale ha consentito di trovare un altro gestore per le attività dei negozi Benetton destinati alla chiusura.
Giuliana Biagi
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